1943-1946: Sbarco degli “Alleati” e la fine della persecuzione

Il 10.07.1943 le truppe alleate sbarcano in Sicilia (nome in codice operazione Husky). E qui entra subito in gioco un personaggio complesso ed enigmatico tale Charles Poletti, già vice governatore dello Stato di New York per brevissimo tempo incuneato tra le lobby italo-americane a cui viene messa addosso una divisa militare e diventerà governatore militare d’Italia col grado di Ten. Colonnello. Ai soldati italiani che si arrendevano vennero fatte promesse ma non uguali. Se erano siciliani veniva promessa l’immediata liberazione per tutti gli altri vi era comunque riservato un trattamento speciale. Con guide fidate la Sicilia interna non sarebbe stata più  pericolosa d’una passeggiata a Central Park. Le strade però erano quello che erano.

Dalla relazione della Commissione antimafia presentata alle Camere il 4 febbraio 1976: 

“Qualche tempo prima dello sbarco angloamericano in Sicilia numerosi elementi dell’esercito americano furono inviati nell’isola, per prendere contatti con persone determinate e per suscitare nella popolazione sentimenti favorevoli agli alleati. Una volta infatti che era stata decisa a Casablanca l’occupazione della Sicilia, il Naval Intelligence Service organizzò una apposita squadra (la Target section), incaricandola di raccogliere le necessarie informazioni ai fini dello sbarco e della “preparazione psicologica” della Sicilia. Fu così predisposta una fitta rete informativa, che stabilì preziosi collegamenti con la Sicilia, e mandò nell’isola un numero sempre maggiore di collaboratori e di informatori. Lo sbarco degli Americani in Sicilia fu fatto con gli stessi trucchi di Garibaldi….”.

Il ruolo della Mafia

Capomafia Vito Genovese con una divisa militare e il bandito Salvatore Giuliano

La vera storia dello sbarco alleato consistette in un imponente operazione militare che nei suoi meandri ha dei punti oscuri che la storia, al di là delle retoriche e dei trionfalismi, ha sempre taciuto e nascosto. Come quello del ruolo di supporto logistico che, per facilitare lo sbarco, ebbe la mafia con personaggi come Lucky Luciano, Vito Genovese, Calogero ‘Calò’ Vizzini e Giuseppe Genco Russo. E poi ancora sulle stragi dimenticate e impunite compiute dai “liberatori” militari americani su civili e prigionieri italiani subito dopo lo sbarco alleato. Lucky Luciano (siciliano d’origine al secolo Salvatore Lucania) il noto boss rinchiuso nelle carceri americane passò i nomi di 850 persone su cui “contare” e gli ufficiali dell’O.S.S (i servizi segreti americani), che dirigeranno sul campo “l’operazione sbarco”, saranno Max Corvo, Victor Anfuso e Vincent Scamporino. Il loro gruppo sarà conosciuto come il “cerchio della mafia”. Tra gli americani, in divisa c’erano Albert Anastasia (ucciso nel dopoguerra in un negozio di barbiere) e don Vito Genovese, napoletano d’origine (il don Vito Corleone del film “Il Padrino”), stretti collaboratori di Charles Poletti. Lucky Luciano in seguito sarà liberato ed estradato per andare in Italia, precisamente a Napoli, continuando a muoversi tra servizi segreti e mafia. Secondo gli accordi presi Charles Poletti libererà i mafiosi dalle prigioni e nominerà i capi mafi sindaci delle città instaurando così una collaborazione tra mafia e servizi segreti americani che forse dura ancora. Per approfondimenti segnaliamo alcuni link:

Mafia: Esercito della CIA;

La vera storia dello sbarco in Sicilia;

Il ruolo della Mafia e le stragi del generale Patton;

Mattarella: Intoccabili siciliani da Palermo a Roma;

Una situazione di turbolenta transizione

Il regime fascista finì come ebbe inizio, con un colpo di Stato. Il 25.07.1943 il Gran Consiglio del Fascismo, con l’Ordine del giorno Grandi invitò Mussolini “a pregare la Maestà del Re […] affinché Egli voglia, per l’onore e la salvezza della Patria, assumere – con l’effettivo comando delle Forze Armate […] – quella suprema iniziativa di decisione che le nostre istituzioni a Lui attribuiscono e che sono sempre state […] il retaggio glorioso della nostra Augusta Dinastia di Savoia.” Il Re revocò Mussolini da primo ministro, ordinò la cattura, e senza attendere l’indicazione del Gran Consiglio, nominò Badoglio presidente del consiglio. Per restaurare la monarchia statutaria, il governo soppresse con decreti-legge il PNF, il Gran Consiglio e gli altri organi creati da fascismo. Fallì tuttavia il piano di una neutralità nella guerra e l’Italia si divise.

Il 3.09.1943 viene firmato l’Armistizio con gli Alleati, nell’incontro di Cassibile (Siracusa) tra il Gen. Castellano e il Gen. Eisenhower che poi sarebbe diventato presidente degli Stati Uniti e avrà un ruolo importante nella storia del pentecostalismo italiano. L’armistizio sarà reso pubblico l’8.09.1943.

“Operazione Quercia” fu il nome in codice della missione militare portata a termine il 12 settembre da paracadutisti tedeschi per liberare Mussolini imprigionato a Campo Imperatore sul Gran Sasso dopo l’armistizio di Cassibile. Il 23.09.1943 Mussolini da Monaco decreta la nascita della Repubblica Sociale Italiana con sede a Salò (sul lago di Garda).

Il 29.09.1943 viene proclamata la Repubblica sociale italiana, dopo il rientro di Mussolini dalla Germania in una parte dei territori sotto occupazione tedesca (esclusi Bolzano, Trento, Belluno e Litorale), ma rappresentò un governo (secondo molti fantoccio) non riconosciuta da altri stati non alleati con la Germania. Un decreto del “Duce del fascismo, Capo dello Stato nazionale repubblicano”, del 8.10.1943 dispose un’organizzazione costituzionale provvisoria.

L’Italia si trovò così divisa in due: Al Nord, si era costituita la Repubblica Sociale Italiana sotto il controllo tedesco e sotto la guida di Mussolini, mentre al sud continua il Regno d’Italia al fianco degli alleati contro la Germania e la Repubblica sociale. Il 13 ottobre 1943 il governo Badoglio dichiarò guerra alla Germania. I partiti politici, riorganizzati dopo la caduta del fascismo, danno vita ai Comitati di Liberazione Nazionale (CLN).

Il 22 gennaio 1944 gli anglo-americani sbarcarono nell’Italia centrale tra Anzio e Nettuno. L’attacco aveva lo scopo di liberare Roma. La lunga battaglia che ne derivò è comunemente conosciuta come battaglia di Anzio.

Il 5 giugno 1944, il giorno dopo la liberazione di Roma, Vittorio Emanuele III nomina il figlio Umberto Luogotenente Generale del Regno.

Nella primavera del 1945 gli Alleati poterono lanciare l’offensiva contro l’esercito tedesco sfondando in più punti la linea Gotica. L’arrivo degli alleati a Milano fu anticipato dalla insurrezione partigiana proclamata dal CLN il 25 aprile, proclamata poi festa della liberazione.

L’esecuzione di Benito Mussolini fu rivendicata dal CNL Alta Italia e sarebbe avvenuta il 28 aprile 1945 a Giulino, frazione del comune di Mezzegra in provincia di Como, sebbene la storiografia più recente e più attendibile sembra che furono giustiziati da servizi segreti inglesi e poi i corpi consegnati ai partigiani del CLN. Mussolini e la Petacci erano stati catturati a Dongo il giorno precedente mentre cercavano di guggire in Svizzera.

I cadaveri di Mussolini, Petacci, Pavolini, Bombacci, Starace sarnno esposti e vilipesi a Piazzale Loreto (Milano) il 29 aprile 1945.Quello stesso giorno le potenze dell’Asse in Italia capitolarono, e il 2 maggio il comando tedesco firmò a Caserta la resa delle sue truppe e per procura anche la resa formale dei reparti della Repubblica Sociale.

La transizione verso la Repubblica

La transizione dal regime fascista alla Repubblica si svolse in tre tappe, di cui le prime due in presenza della RSI, di governi locali dei CLN (repubbliche partigiane) e di un regime di occupazione bellica degli alleati in Sicilia che imponeva l’abrogazione delle leggi del regime fascista e garanzie delle libertà di religione (cd. piccole costituzioni o regimi transitori parziali). Nella prima fase, tali regimi concorrevano con un governo del Re composto da tecnici, con sede prima a Brindisi e poi a Salerno, che tentava invano un ritorno allo Statuto. Questa prima fase fu segnata soprattutto dall’armistizio del 8.09.1943, seguito dal parziale abbandono del comando delle Forze Armate.

La seconda fase del regime di luogotenenza fu il frutto del patto di Salerno (12.04.1944) tra il governo del Re, ritiratosi dalla vita pubblica, e il CLN, di convocare un’assemblea costituente e creare un governo retto dal consenso dei sei partiti.

La terza fase fu quella propriamente costituente, avviata con la cessazione definitiva del Governo Militare Alleato nel territorio “metropolitano” (1.01.1946 – salvo Udine e Venezia Giulia) e dello stato di Guerra (15.04.1946) nonché con un’amnistia per i reati militari. Il governo, come concordato con gli alleati, decise di far decidere sulla monarchia attraverso il referendum, di rendersi responsabile di fronte all’assemblea e di lasciarsi delegata la potestà legislativa, ad eccezione della materia costituzionale, elettorale e dei trattati internazionali (per il trattato di pace del 10.02.1947).

Il 9.05.1946 il re abdica e così termina la luogotenenza senza senza incidere sul risultato del referendum e delle elezioni del 2 giugno.

Il 2.06.1946 un referendum istituzionale sancì la fine della monarchia e la nascita della Repubblica; in contemporanea vennero eletti i delegati a un’Assemblea Costituente, col compito di redigere una nuova Costituzione. Per la prima volta nella storia italiana, le donne ebbero il diritto al voto.

Il 1.07.1946 Enrico De Nicola venne nominato primo Presidente della Repubblica Italiana. Il 25 giugno 1946 cominciarono ufficialmente i lavori dell’Assemblea Costituente.

La Costituzione repubblicana, progettata dalle forze politiche antifasciste si basa su principi fondamentali opposti a quelli del regime fascista e si preoccupa nelle sue disposizioni transitorie e finali di liquidarne le istituzioni principali e di prevenirne il ritorno. Pertanto si può parlare anche di un comune principio antifascista che implica un divieto di riproduzione dei principi e delle istituzioni che caratterizzavano l’identità dell’ordinamento fascista, ma non deve indurre a considerare la costituzione a una semplice negazione del fascismo. La Costituzione della Repubblica fu approvata il 22.12.1947 con 453 voti favorevoli e 62 contrari ed è il frutto di un compromesso multilaterale.

Già subito dopo lo sbarco in Sicilia gli alleati per stabilire l’ordine e governare emettono un proclama che all’art.11 decretava la libertà di religione, di culto e di propaganda. Tuttavia, mentre la Sicilia godeva già la tanto sospirata libertà, non era così nel resto dell’Italia che nel 1944, l’Italia è divisa in due tronconi: il Sud, ormai sotto il controllo delle truppe alleate, godeva della libertà di religione, mentre il Centro-Nord era ancora sotto l’occupazione nazifascista e quindi non godeva della libertà di religione. Ed infatti il 24 marzo 1944 il pentecostale Fidardo De Simoni sarà uno dei 335 ostaggi trucidati dai nazisti a Roma nell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

In questo contesto i pentecostali terranno i loro primi convegni dopo anni di isolamento.

1944 e il terzo Convegno nazionale pentecostale

Al Sud, lo sbarco degli Alleati in Sicilia e la nuova ondata di libertà, consente alle chiese pentecostali di riorganizzarsi e adottare quello che può considerarsi il terzo Convegno nazionale (dopo quelli del 1928 e 1929) per le decisioni prese sebbene fosse limitato alla Sicilia. L’iniziativa sarà di Vincenzo Federico – incoraggiato anche dalla conoscenza di militari americani pentecostali delle Assemblee di Dio degli Stati Uniti che gli fecero capire che esistevsano altre realtà pentecostali oltre a quelle che conoscevano loro (vd. R. Bracco, Il Risveglio Pentecostale in Italia, cap. 5 e F. Toppi, Vincenzo Federico, p.76) -, il quale invierà lettere di invito a tutti i fratelli che conosceva, la maggior parte dei quali si trovavano in Sicilia. Questo convegno degli Anziani (come venivano chiamati allora i “conduttori”) si terrà proprio nella sua chiesa di Raffadali (prov. di Agrigento) il 25-27 agosto 1944 e vi parteciperanno circa una settantina di persone, tutte provenienti esclusivamente dalla Sicilia. Negli Atti del Convegno si legge che furono trattati diversi argomenti tra i quali:

  • la composizione delle divergenze sorte all’interno delle comunità durante le persecuzioni;
  • l’osservanza completa dei principi sanciti nel Concilio di Gerusalemme;
  • la costituzione di un Comitato Missionario per la Sicilia, il primo organo regionale del Movimento Pentecostale Italiano;
  • la necessità di creare una cassa regionale in cui far convogliare le collette annuali da parte delle comunità le cui somme dovevano essere spese dietro il parere della maggioranza degli anziani. La chiesa si trovava per esempio nella necessità economica di finanziare la stampa di libretti dei cantici e l’acquisto di nuove Bibbia.

Sempre sulla spinta di Vincenzo Federico si avvertì l’urgenza di riprendere i rapporti fraterni con le chiese italiane all’estero in particolare con quelle del Nord America e recuperare la comunione fraterna perduta durante il periodo delle persecuzioni. Infatti la “Chiesa Cristiana del Nord America” e la “Congregazione Cristiana del Brasile” fondate da L. Francescon mostrarono un profondo senso di solidarietà cristiana nell’inviare in Italia i primi soccorsi per i pentecostali provati dalla persecuzione e dalla guerra.

Al termine del Convegno fu deliberato che anche il convegno successivo si sarebbe tenuto a Raffadali (AG), e così fu.

1945 e il quarto Convegno nazionale pentecostale

Nel 1945, riunificato il territorio nazionale e chiusa la tragica parentesi dell’occupazione nazista, anche le chiese del Nord tentarono di rimettersi in collegamento. E così dal 30 agosto al 2 settembre 1945 si terrà sempre a Raffadal il quarto Convegno nazionale e sarà ancora una volta Vincenzo Federico ad organizzarlo. Questa volta, però, vedrà la partecipazione anche di quelli del continente, ossia fuori dalla Sicilia ad eccezione dei così detti “zaccardiani” irriducibili sostenitori del congregazionalismo delle origini. Alcuni impiegarono anche dieci giorni di viaggio per presenziare alla riunione perché le vie di comunicazione erano danneggiate dal conflitto appena finito. Tutti espressero la determinazione di voler superare l’isolamento delle varie comunità prodotto dalla persecuzione, ritenendo di aver vissuto un periodo molto negativo. Vennero ripresi i temi del convegno precedente e in aggiunta si definì e confermò il compito del “consiglio di chiesa” che avrebbero preso le varie decisioni insieme agli Anziani, come venivano chiamati allora i conduttori. Venne riaffermata inoltre la disciplina comunitaria da impartire nei casi di immoralità e convivenza, casi legati ad un erroneo modo di rispetto al discorso del matrimonio, separazione, ecc.. Si costituì per la prima volta un Comitato Evangelico solo ed esclusivamente per la distribuzione dei soccorsi in Italia con l’unico scopo di provvedere all’equa distribuzione degli aiuti a tutti i credenti di fede evangelica colpiti dalla catastrofe della guerra. Per la prima volta le chiese pentecostali venivano timidamente considerate parte del mondo evangelico con la richiesta di nominare un proprio rappresentante. Nomina che cadde su Umberto Nello Gorietti che anche a motivo della sua professione di rappresentante di calzature che lo portava spesso in giro per l’Italia. A proposito di questo Convegno, Roberto Bracco, una delle principali figure del pentecostalismo italiano che presenziò a questo convegno, per cui la sua testimonianza è da considerare primaria, ci fa sapere delle cose importanti:

“Nel convegno del 1945 che poteva essere considerato nazionale, per la prima volta fu posto all’ordine del giorno il problema dell’organizzazione; la proposta veniva da quella che era allora l’unica chiesa di Palermo, ma a questa proposta la reazione immediata fu tanto massiccia da indurre i proponenti a ritirarla senza che fosse messa in discussione.I fratelli giunti dal continente furono fra i primi e fra i più decisi ad opporsi al progetto e a convegno concluso i più soddisfatti di aver contribuito con la loro partecipazione a scongiurare il “pericolo (dell’organizzazione). (vd. R. Bracco, La verità vi farà liberi, stampato in proprio, Roma, p. 6)

Ad ogni modo, in quel periodo ripresero le comunicazioni epistolari con l’estero e nella primavera del 1946 la Chiesa di Chicago Illinois, la Congregazione Cristiana di Chicago fondata da Luigi Francescon, deliberò di mandare in visita uno dei più stretti collaboratori di Francescon, Nicola Di Gregorio, un oriundo siciliano. C’è anche da dire che alla fine della guerra le varie comunità italiane che si trovavano in grave difficoltà economica erano entrate in contatto epistolare con Francescon per chiedere aiuti, e Francescon non tardò ad informare le chiese consorelle del Brasile che furono tra le prima ad inviare aiuti, come racconta Vincenzo Federico nelle sue memorie, inviando in Sicilia quaranta casse di tessuti nuovi con vestiti e lenzuola.

Inoltre, venne costituito inoltre un Comitato Evangelico per i Soccorsi in Italia dalle Chiese Evangeliche Italo-americane (Evangelical Committee for Relief in Italy) che mandava aiuti che qualcuno subito dopo battessò come il “Piano Marshall Evangelico”, oltre al famoso “Piano Marshall” stabilito dal governo americano con lo scopo di aiutare le nazioni europee disastrate a causa della guerra. Si dovettero costituire dei Comitati anche in Italia per stilare gli elenchi dei fedeli evangelici per la distribuzione equa degli aiuti. Oltre agli indumenti arrivò pure farina, olio, latte in polvere, formaggio, burro ecc. ecc.. E così i pentecostali italiani vennero a conoscenza che esistevano nel mondo associazioni di chiese evangeliche di fede pentecostale che avevano ottenuto il riconoscimento dai relativi governi. Questa scoperta metterà il movimento pentecostale italiano in relazione con la realtà del risveglio pentecostale mondiale. Questi rapporti internazionali furono incrementati dalla visita del pastore Hermann Parli della Svizzera italiana, sconosciuto ai pentecostali italiani ma inviato (a loro dire) dalle Assemblee di Dio britanniche per stilare un resoconto sulle condizioni sociali e spirituali in Italia con cui però non avevano mai avito alcun tipo di rapporto. Il primo contatto avverrà precisamente il 13 dicembre 1945 con i credenti della comunità di Roma (R. Bracco, Il risveglio pentecostale in Italia, stampato in proprio, Roma, p.18).

Il 1946 e i primi ambigui contatti

Qui entra in scena tale Frank Bruno Gigliotti definito da più parti “Un pezzo da novanta della massoneria americana” ma in realtà molto di più. Nel 1946 Umberto N. Gorietti entra in qualche modo in contatto con Frank B. Gigliotti (non sappiamo come) a cui si rivolge per ottenere aiuto. E così Frank B. Gigliotti viene messo in contatto con una associazione ricettacolo di massoni con sede a New York che si chiamava American Committee for Religious Freedom in Italy (Comitato Americano per la Libertà Religiosa in Italia). Ne parla R. Bracco nel numero del Risveglio Pentecostale, dell’Agosto 1947.

Risveglio Pentecostale, Agosto 1947, Anno II, n.2, p.12

 

Come si vede F. Gigliotti non è l’unico personaggio ambiguo con cui misteriosamente entrano in contatto Umberto N. Gorietti e R. Bracco, ma vi sono anche Charles Fama, Patrick J. Zaccara e Francis J. Panetta. Tutti personaggi legati a doppio filo a massoneria e servizi segreti.

Di queste tematiche e di Frank B. Gigliotti approfondiremo all’interno di questo capitolo con degli articoli dedicati perché c’è tanto da dire su questo losco personaggio legato a Lucky Luciano, a Licio Gelli e a molto altro.

Frank Gigliotti e Lucky Luciano

 

Di Frank B. Gigliotti se ne occuperà pure la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2 presieduta dall’On. Tina Anselmi.

Umberto N. Gorietti visita la Svizzera

Nel 1946 Gorietti sarà invitato in rappresentanza del movimento pentecostale italiano a visitare le chiese pentecostali svizzere. Sorgono alcune precise domande in virtù di quello che è stato appena detto:

  1. Chi lo invitò realmente?
  2. E soprattutto chi lo nominò rappresentante del pentecostalismo italiano?
  3. Certamente non furono i pentecostali italiani che ancora non erano organizzati, quindi chi fu a decidere già allora che U. Gorietti doveva essere il rappresentante dei pentecostali italiani?
  4. C’è chi afferma che inizialmente siano stati i massoni Herman Parli e Frank Gigliotti a nominare U. Gorietti rappresentate dei pentecostali (un po’ come fece Poletti in Sicilia con la nomina dei sindaci) e poi a proporlo ai conduttori mediante manipolazione nei convegni nazionali a cui – ricordiamo – non parteciparono tutti perché molti nemmeno sapevano ancora di questi convegni. D’altra parte, la presidenza di Umberto N. Gorietti è sempre stata anomala agli occhi dei pentecostali per tante ragioni: in primo luogo perché i suoi familiari non erano pentecostali, in secondo luogo perché aveva sempre avuto problemi all’interno del proprio matrimonio ed infatti la moglie non diventerà mai una pentecostale. Questo appariva un’enorme stonatura agli occhi dei pentecostali, soprattutto quelli della prima ora, perché Gorietti non coincideva con i requisiti biblici di 1Timoteo 3:3-5 secondo cui l’Anziano deve avere la famiglia fedele e deve saperla guidare nel timore del Signore. Non solo ma tra gli altri requisiti, lo stesso testo biblico afferma che l’Anziano deve essere in grado di insegnare e condurre una comunità, mentre U. Gorietti non era, e non fu mai, un predicatore; egli non si prese mai cura di una chiesa ma era un semplice membro nella chiesa pentecostale di Roma come uno dei tanti collaboratori del pastore R. Bracco. Come avrebbe potuto fare il presidente? Eppure lo fece. Come mai?

Ad ogni modo, le comunità di Zurigo e di Wintertur incoraggiarono la pubblicazione di un giornale del movimento in Italia che avrebbe dovuto fungere da raccordo per le comunità pentecostali in Italia, preparare la strada alla creazione dell’organizzazione “Assemblee di Dio in Italia” e nel dare l’incarico a Umberto N. Gorietti lo stavano di fatto incoronando rappresentante dei pentecostali, sebbene non lo avessero eletto, perlomeno fino a quel momento. La rivista, pubblicata nella Svizzera italiana, prenderà il nome di “Risveglio Pentecostale” e diventerà l’organo ufficiale della futura denominazione. Il primo numero sarà pubblicato nel 1946, e sarà l’unico numero per quell’anno. La direzione dela rivista stampata con i loro soldi sarà affidata, com’era inevitabile, a Umberto Nello Gorietti che, lo ripetiamo, era stato scelto e nominato da Herman Parli e a Roberto Bracco che allora era il predicatore più carismatico. E così quando si terrà il così detto quinto convegno nazionale, che questa volta si terrà a Roma, tutti i partecipanti prenderanno conoscenza di questa rivista che diventerà, appunto, la pubblicazione ufficiale delle chiese pentecostali in Italia.

Il V Convegno nazionale

Dal 28 Agosto al 1° Settembre 1946 si terrà il V Convegno nazionale che sarà presieduto da Nicola Di Gregorio, sgtretto collaboratore del padre del pentecostalismo italiano, Luigi Francescon, quale ambasciatore della congregazione Cristiana di Chicago, la chiesa da dove era partita nel 1907 la testimonianza pentecostale italiana, per rendersi conto delle condizioni spirituali e materiali del Movimento pentecostale.

Tuttavia, a questo convegno vi sarà la partecipazione inaspettata e improvvisa perché non era stato invitato da alcuno del Dott. Henry H. Ness accompagnato da Herman Parli anche lui del tutto sconosciuto ai pentecostali italiani ad eccezione di quelli di Roma che – come abbiamo visto –, l’avevano conosciuto appena pochi mesi prima. il 13 dicembre 1945. Quante strane coincidenze che fanno pensare a una congiura. E così a questo convegno per la prima volta partecipò una delegazione estera composta da:

  • Nicola Di Gregorio che era uno dei più stretti collaboratori del fondatore del pentecostalesimo italiano, Luigi Francescon, nella Congregazione Cristiana di Chicago.
  • Hermann Parli che rappresentava le chiese svizzere e le Assemblee di Dio britanniche.
  • Henry Ness, il quale era uno degli esponenti più noti delle Assemblee di Dio USA e di cui si parla all’interno del blog e che darà vità all’organizzazione religiosa Assemblee di Dio in Italia.

 

L’argomento più importante trattato nel convegno fu quello della libertà religiosa in Italia e l’organizzazione perché Henry H. Ness e Frank B. Gigliotti avevano suggerito essere quella la soluzione per avere libertà, ossia regolare la loro posizione giuridica creando un’organizzazione religiosa. E così i partecipanti al quinto convegno furono persuasi a istituire un “Comitato centrale” Missionario di Ricostruzione e di Assistenza per amministrare i fondi che arrivavano che era composto dai membri dei tre sottocomitati, uno rappresentante la Sicilia, uno l’Italia centro-meridionale e uno l’Italia settentrionale.

Il virus dell’organizzazione denominazionale era stato efficacemente inoculato da Henry H. Ness e l’anno dopo si sarebbe manifestato. Ecco come ci descrive quei giorni Roberto Bracco – la cui autorevolezza viene data non tanto perché è stato una delle figure principali del pentecostalismo ma perché testimone oculare e uno dei principali attori -, parlandoci prima del Convegno del 1945 e poi di quello del 1946 e della relativa “visita” di Henry H. Ness. Ascoltiamolo dalla sua diretta voce:

“Nel convegno del 1945 che poteva essere considerato nazionale, per la prima volta fu posto all’ordine del giorno il problema dell’organizzazione; la proposta veniva da quella che era allora l’unica chiesa di Palermo, ma a questa proposta la reazione immediata fu tanto massiccia da indurre i proponenti a ritirarla senza che fosse messa in discussione.I fratelli giunti dal continente furono fra i primi e fra i più decisi ad opporsi al progetto e a convegno concluso i più soddisfatti di aver contribuito con la loro partecipazione a scongiurare il “pericolo (dell’organizzazione). Di fronte a questo fatto, appare almeno strano che soltanto alla distanza di un anno, e cioè nel convegno tenutosi a Roma nel 1946, la proposta venga presentata di nuovo, e non più da coloro che erano stati costretti a ritirarla, ma proprio da coloro che l’avevano respinta.E se si tiene presente che quel Convegno fu presieduto dal fr. N. D.Gregorio, diacono di quella chiesa di Chicago guidata dal fr. L. Francescon, oppositore dichiarato dell’organizzazione, la cosa sembra tanto strana da apparire addirittura paradossale.Tutto però può essere spiegato alla luce di due elementi; il movimento italiano aveva avuto, nel periodo fra i due convegni, contatti con fratellanze estere già organizzate e queste avevano esplicitamente consigliato di organizzarsi per poter affrontare, con il peso dell’organizzazione il problema della libertà religiosa. Il secondo elemento può essere indicato nell’arrivo proprio durante il convegno del 1946 del fr. H. Ness, di Seattle, che all’epoca era esponente non secondario delle Ass. of God degli Stati Uniti. Questo fratello, pastore di una grande comunità e direttore di una Scuola biblica fondata da lui stesso, era non soltanto assertore convinto dell’organizzazione, ma anche generoso e disinteressato consigliere per costituirla.Il paradosso fu proprio accentuato dalla contemporanea presenza in quel convegno degli esponenti dell’inorganizzazione e dell’organizzazione e cioè dei fratelli Di Nicola e Ness; purtroppo la presenza e la parola del secondo prevalse su quella del primo e l’organizzazione incominciò la sua marcia”. (Roberto Bracco, La verità vi farà liberi, stampato in proprio, Roma, pp. 6, 7. Fruibile gratuitamente su internet).

1947: un’anticipazione

Ne parleremo diffusamente nel prossimo capitolo, ma qui possiamo anticipare che nel 1947 a Napoli dal 16 al 18 agosto si tenne il sesto convegno nazionale. A questo punto gli “storici” pentecostali dichiarano che poiché la circolare Buffarini-Guidi non era stata ufficialmente ancora revocata, i partecipanti furono costretti a prendere una decisione storica per ottenere la libertà di culto e di evangelizzazione. Fu suggerito che il modo più semplice era quello di regolare la posizione giuridica del movimento in Italia, in base al regolamento giuridico conseguito all’estero, da parte di qualche associazione consorella, che garantisse i fini e la serietà delle chiese italiane. Essi deliberarono:

  1. le assemblee pentecostali italiane,“Riconosciuta l’urgente necessità di regolarizzare la propria posizione giuridica e, constatato che l’unico mezzo a disposizione è quello dell’affiliazione a fratellanze straniere, accettano l’affiliazione offerta dall’Assemblea di Dio degli Stati Uniti”;
  2. un apposito statuto regolerà i rapporti tra le due organizzazioni e assicurerà la più alta indipendenza all’opera d’Italia;
  3. che il movimento resti in comunione fraterna con tutti quei movimenti che perseguivano la stessa meta e che l’opera pentecostale italiana assumesse il nome di “Assemblee di Dio in Italia”.

Questo però era un inganno perché gli storici pentecostali e i loro complici omettono di dire che l’ignominiosa Circolare n. 600/158, meglio nota come “Buffarini-Guidi” dal nome dell’allora sottosegretario del Ministero dell’Interno che la firmò, era appunto una mera Circolare e non una Legge. La differenza è netta e sostanziale. E, come tutte le leggi fasciste, decadde automaticamente con la caduta del regime. Infatti, come abbiamo visto, una delle prime cose che gli Alleati instaurarono appena sbarcarono, ancor prima dell’entrata in vigore della Costituzione, fu la libertà di religione, di culto e di propaganda come sancito dall’art. 11 del “Proclama” degli Alleati. Proclama che avrà effetto prima in Sicilia e poi si estenderà a tutta la penisola. Tant’è vero che i pentecostali poterono tenere i loro convegni pastorali, le loro prime evangelizzazioni come ad esempio quella del Planetario, a Roma, del 10 agosto 1947 di cu ivi sarebbe tantissimo da parlare.

Il riconoscimento giuridico come ente morale era necessario non per le questioni legate alla libertà di culto ma per questioni legate alla colonizzazione da parte delle “Assemblies of God” americane che investendo in Italia avevano bisogno di sgravi fiscali. È vero che si registreranno ancora casi di intolleranza, ma saranno saranno limitati ad alcuni piccoli centri e per lo più fomentate da preti di campagna che vedevano nei pentecostali un pericolo a motivo del loro agguerrito proselitismo. Tant’è vero che furono casi sporadici che riguardarono esclusivamente, lo ripetiamo, alcuni piccoli centri e mai le grandi città. Si pensi ad esempio alla riunione del 10 agosto 1947 al Planetario, a Roma, a cui parteciparono addirittura alti prelati del Vaticano. Dove fu applicata la Buffarini-Guidi? Oppure, si pensi alle tante riunioni di evangelizzazione pubbliche che cominciarono a tenersi in tutta Italia oppure agli stessi convegni pastorali. Pertanto, non è affatto vero che non vi era libertà di culto come peraltro scrivono gli stessi pentecostali in un attimo di onestà. 

Quello che segue, ad esempio, e cinegiornale del 1950.

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A conferma di tutto vi è il fatto che in quel periodo si registra in Italia una massiccia opera di proselitismo sia da parte di chiese pentecostali che non aderirono alle Assemblee di Dio in Italia sia di altri gruppi religiosi come ad esempio Testimoni di Geova, Mormoni, Avventisti, Chiesa del Regno di Dio, ecc. In Italia vi fu un vero e proprio boom e tutte le confessioni religiose ebbero una crescita esponenziale, perché tutti godevano di libertà di culto e di propaganda, a prescindere del riconoscimento giuridico o meno.

Ad ogni modo, dopo questa necessaria parentesi, va detto che il nome di “Comitato centrale” venne sostituito con quello di “Comitato esecutivo” – composto da un presidente, un segretario, un tesoriere e due consiglieri -, il quale doveva svolgere le seguenti mansioni:

  1. rappresentare le assemblee davanti al governo;
  2. portare a termine la pratica di affiliazione e stabilire l’apposito statuto;
  3. in casi particolari indire riunioni di comitati di zona;
  4. convocare il convegno nazionale annuale lasciando alle chiese la libertà di ospitarlo;
  5. intervenire come arbitro nelle questioni locali, dove non sia riuscito il comitato di zona.

Il Comitato esecutivo ebbe il mandato di definire il termine affiliazione con le “Assemblies of God” in Usa. Esistevano diverse possibilità:

  1. Affiliarsi direttamente alle Assemblee di Dio in Usa, ed ottenere un riconoscimento da parte dello stato come derivazione di chiese estere;
  2. Il riconoscimento come Ente Morale e Patrimoniale;
  3. Richiedere al governo il riconoscimento giuridico di un’associazione di tutte le chiese del movimento.

Si scelse questa terza possibilità. Evitando l’uso del termine “affiliazione” si cercò di dare l’impresisone che i rapporti tra la nuova organizzazione e le Assemblies of God americane fossero solamente spirituale. Si ricorse alla risoluzione di sottoscrivere un’intesa tra le due associazioni di chiese. Tale intesa del 13 dicembre 1947 assumeva il nome ufficiale di “Assemblea di Dio in Italia”, sostituendo quello di “Congregazione Cristiana Pentecostale”, usato prima della persecuzione del 1935, sebbene negli Stati Uniti le Assemblies of God considerarono le chiese ADI come una loro colonia come appare evidente negli articoli del Pentecostal Evangel di allora.

La nuova denominazione e la nuova struttura sono nate con l’inganno e hanno continuato peggio. Infatti, inizialmente qualcuno notò che vi era qualcosa che non andava e qualche problema sorse:

  1. Le comunità italo-americane inizialmente considerarono le “Assemblee di Dio in Italia” – diremmo giustamente -, dipendenti da quelle americane;
  2. Alcune chiese considerarono la nuova struttura e il nuovo nome una deviazione dello spirito originario del movimento – diremmo giustamente -, quindi si dichiararono indipendenti, utilizzando di nuovo il nome Congregazione Cristiana Pentecostale adottato fino al 1935.

Quelle chiese che rifiutarono la nuova costituzione di “Assemblee di Dio in Italia, ritennero di mantenere il congregazionalismo originario e il nome di “Congregazioni Cristiane Pentecostali”, assunto dalle adunanze evangeliche nel 1936. Successivamente nel convegno pastorale del 23 gennaio 1958 svoltosi a Vittoria (RG) si organizzarono di fatto in associazione di comunità pentecostali libere e indipendenti, deliberando tra l’altro di continuare a chiamarsi “Congregazioni Cristiane Pentecostali” come nelle origini.

Per quanto riguarda le neocostituie “Assemblee di Dio in Italia”, invece, nel convegno nazionale del 1948 si approvò lo statuto e il 12 ottobre presentarono regolare domanda correlata di tutta la documentazione richiesta per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica dell’associazione come ente morale di culto. Nel 1952, poiché nessuna risposta era stata data, presentarono un ricorso al Consiglio di Stato contro il Ministero dell’Interno – Direzione generale dei culti – nella persona del ministro Onorevole Mario Scelba.

Il decreto di riconoscimento giuridico delle “Assemblee di Dio in Italia” sarà firmato dal Presidente della Repubblica il 5 dicembre 1959 in occasione della visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti Eisenhower che interverrà personalmente facendo pressioni sul presidente della Repubblica Gronchi. Il D.P.R. verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, anno 101 n.57 il 7 marzo 1960. Secondo le loro statistiche, nel 1960 le ADI erano costituite da 447 chiese e gruppi, ma questi sono fatti e vicende che saranno affrontati nel prossimo capitolo.

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