LA PRIMA PUBBLICAZIONE UFFICIALE PENTECOSTALE (1929)

Un rarissimo documento del 1929.
Continua la pubblicazione di documenti inediti, a cura del nostro Comitato, che rendiamo fruibili gratuitamente, come gratuitamente rendiamo fruibili tutte le nostre pubblicazioni perché siamo persuasi che tutti abbiano il diritto di conoscere la vera verità sul pentecostalesimo italiano a differenza di mercenari che pubblicano volumi mistificatori a scopo di lucro (Matteo 10:8).
Gli articoli di fede delle prime comunità pentecostali.

Continua la pubblicazione di documenti a cura del Comitato scientifico “Storia Pentecostale” che qui rendiamo fruibili gratuitamente, come gratuitamente rendiamo fruibili tutte le nostre pubblicazioni perché siamo persuasi che tutti abbiano il diritto di conoscere la vera verità sul pentecostalesimo italiano a differenza di mercenari che pubblicano volumi mistificatori a scopo di lucro (cfr. Matteo 10:8).

 

Quello che pubblichiamo oggi è un documento raro, stampato presso la tipografia L’Italica di Roma e pubblicato nell’estate del 1929. Esso possiede un’importanza fondamentale per vari motivi. Prima di tutto perché è il primo documento ufficiale del pentecostalesimo italiano, in secondo luogo perché è l’unico documento che è stato prodotto prima dello scatenarsi della persecuzione con la circolare n. 600/158 del 9 aprile 1935, la cosiddetta «Buffarini Guidi» – dal nome dell’allora sottosegretario del Ministero dell’Interno -, e in terzo luogo perché contiene gli articoli di fede, o princìpi dottrinali che dir si voglia, delle prime chiese pentecostali. Prima di analizzarlo, cerchiamo di contestualizzarlo.

 

Il contesto

Già dal 1927 s’introducevano nell’ampio scantinato adibito a sala di culto del villino del costruttore Ettore Strappaveccia (1886-1957) – Anziano e finanziatore del gruppo pentecostale -, sito in via Adige 20, delle spie inviate dal Ministero dell’Interno, ma anche medici, psichiatri e specialisti d’ogni genere che sotto mentite spoglie di simpatizzanti presenziavano alle riunioni. L’11 giugno 1928, rispondendo alla circolare del capo della polizia Arturo Bocchini, il prefetto di Roma aveva dato un giudizio tutto sommato positivo. Ma gli ambienti cattolici non desistettero e si procurarono la prima perizia “scientifica” affidata al Dott. Cav. Uff. Osvaldo Zacchi, che però non era uno psichiatra ma un medico-chirurgo e fratello di un noto conferenziere domenicano. Egli il 15 luglio del 1928 presenziò al culto di via Adige a cui seguì una perizia nella quale parlava di «suggestione collettiva» di soggetti neuropatici, e sosteneva che la pratica del culto pentecostale (nella perizia definiti «pentecostieri») era dannosa per la salute psichica degli aderenti. Seguirono altri pareri medici e informative di polizia discordanti. Ma questa perizia rimase comunque la stella polare di Arturo Bocchini, il quale si adoperò per aumentare il controllo di polizia del movimento pentecostale con varie circolari ai prefetti, in cui spese a profusione le pseudo argomentazioni scientifiche del dott. Zacchi. (1)

Il momento della firma dei "Patti Leteranensi"
11.02.1929, momento della firma dei “Patti Leteranensi”. Da sinistra: Nunzio apostolico in Italia, Mons. Francesco Borgongini Duca, Cardinale Pietro Gasparri, Decano della Sacra Rota Francesco Pacelli, Benito Mussolini e il Sottosegretario egli esteri Dino Grandi.

Nel giugno 1929, mentre i giuristi dibattevano ancora sulla conciliazione e sul conseguente carattere giuridico assunto dallo Stato, l’Italia del Littorio promulgava la Legge sui Culti Ammessi,(2) in cui erano previste l’eguaglianza dei cittadini indipendentemente dalla fede professata, la libera discussione in materia religiosa, la dispensa dall’ora di religione nelle scuole pubbliche, il riconoscimento governativo per i ministri di culto e il matrimonio religioso celebrato con rito diverso da quello cattolico.

Le disposizioni attuative della legislazione fascista sui culti ammessi mostrarono successivamente come lo Stato non intendesse affatto tutelare la libertà religiosa e, anche se non era obbligatorio, quelle chiese che non avessero richiesto il riconoscimento come ente morale avrebbe potuto trovarsi ai “margini della legalità”. Il regime di Mussolini non soppresse comunque la testimonianza delle minoranze confessionali. La Legge sui Culti Ammessi era infatti un espediente giuridico per servirsi delle chiese evangeliche come pedina di scambio con la controparte vaticana: da una parte si segnava il limite alle concessioni che il regime fascista era disposto a offrire alle gerarchie ecclesiastiche, dall’altra si guadagnava il consenso della Chiesa Cattolica mediante la riduzione della libertà religiosa goduta dagli evangelici nel periodo liberale. La necessità di promuovere l’immagine del fascismo all’estero passava inoltre attraverso una serie di concessioni alla pubblica opinione delle potenze anglo-americane sul piano della libertà religiosa. (3)

Per quanto riguarda i fatti interni, le chiese pentecostali avevano già adottato l’anno prima – nel primo convegno del 1928 -,  una forma di collaborazione, pur conservando ciascuna chiesa locale la propria assoluta indipendenza secondo lo spirito originario del pentecostalesimo. D’altronde, non va dimenticato che il pentecostalesimo era anti-denominazionale; e nasce proprio come reazione al denominazionalismo che veniva visto come una forma umana che ingessava la dinamicità della fede e spegneva lo spirito (1Te 5:19). Questa posizione perdurerà fino 1947, anno in cui le chiese pentecostali italiane subiranno la colonizzazione delle Assemblee di Dio americane (AoG) tramite i “pastori” Henry H. Ness (Assemblies of God USA) Herman Parli  (Chiese pentecostali del Risveglio, Svizzera) e Frank B. Gigliotti (pastore presbiteriano legato a massoneria, mafia e servizi segreti) che da dietro le quinte muoveva le fila.

Sul passaggio dall’anti-denominazionalismo al denominazionalismo perpetrato con l’inganno ai danni dei pentecostali italiani, si è scritto ancora troppo poco, e vi ritorneremo spesso con documenti inediti.

Tornando al Nostro documento, esso era costituito di sole quattro pagine e sebbene venisse pubblicato dalla comunità di Roma, divenne il primo documento ufficiale utilizzato anche dalle altre chiese. Infatti, l’Anziano Domenico Ravidà, il primo conduttore della chiesa pentecostale di Catania, lo presentò alle autorità locali, unitamente ad altra documentazione, che a loro volta lo inoltrarono al Ministero della Giustizia e degli Affari di Culto che lo considerò come «I principi che regolano l’organizzazione di dette Congregazioni». (4)

 

L’aggettivo “pentecostale”usato per la prima volta

Luigi Francescon
Luigi Francescon (1866-1964)

Contrariamente alle chiese italo-americane che non l’avevano mai usato, in questo documento del 1929 troviamo l’aggettivo “pentecostale” usato per la prima volta. Prima di allora mai era stato usato quest’aggettivo per definire le chiese. Questo non è un dettaglio secondario perché i pentecostali italiani delle origini furono sempre avversi a definirsi «Pentecostali» preferendogli l’aggettivo «Cristiani». Lo stesso Luigi Francescon rifiutò sempre l’aggettivo pentecostale ritenendolo riduttivo. Infatti nel frontespizio del documento l’aggettivo «pentecostale» è posto tra parentesi: «Congregazione Cristiana (denominata pentecostale)». Denominata da chi? Non era il nome che essi si erano dati, ma furono altri a definirli così. Francesco Toppi ipotizza che l’uso di questo aggettivo possa essere stato suggerito dalle autorità dell’epoca forse con il malcelato disegno di scatenare una campagna diffamatoria. (5)

 

La prefazione

Nella prefazione di questo documento, che non siamo riusciti ad allegare perché molto rovinata, veniva detto:

«Abbiamo scritto questi brevi cenni sull’organizzazione della nostra chiesa (quella di Roma n.d.e.) perché alcuni non conoscendo la nostra vita spirituale, oppure conoscendola male, ingannati dai loro pregiudizi o istigati da persone in malafede, si sono formato un concetto intorno al movimento denominato Pentecostale (denominato da altri non da loro, n.d.e.) il quale è animato dalla stessa fede che una volta fu insegnata ai santi. Lo Spirito è quel che vivifica, la carne non giova a nulla (Giov. VI:63)».

 

Il contenuto

Il documento riassume i princìpi dottrinali delle chiese pentecostali delle origini, in cui notiamo:

  1. Il principio del Sola Scriptura. La Bibbia è infallibile, totalmente ispirata dallo Spirito Santo e unica regola di fede e di condotta.
  2. L’intercessione a favore delle autorità costituite (1Tim. 2:1, 2).
  3. La centralità della Bibbia durante i culti.
  4. I conduttori venivano scelti dalla chiesa locale senza il coinvolgimento di nessun fantomatico Comitato di sovragestione, sia che fosse Nazionale o solo di Zona, che allora nemmeno esisteva; anzi era un obbrobrio per i pentecostali delle origini.
  5. I conduttori (che allora venivano chiamati “Anziani” rigettando il titolo di “pastore” che sarà introdotto dagli americani delle AoG dopo il 1947) venivano scelti esclusivamente tra i componenti della chiesa locale, i quali si distinguevano per una chiara chiamata Divina al ministero e possedevano i requisiti morali stabiliti dalla Parola di Dio.
  6. Le chiese locali erano guidate non da un singolo “pastore”, ma da un “collegio di Anziani” coadiuvato dai Diaconi (1Tim. 4:14).
  7. I Diaconi venivano eletti anche loro, come gli Anziani, dalla chiesa locale per la chiesa locale.
  8. Gli Anziani svolgevano il proprio ministero non come una professione, ma come un servizio e non ricevevano alcun salario. Testualmente viene detto: «Non gravano sulla chiesa, perché essi con il loro onesto lavoro mantengono se stessi e le loro famiglie».
  9. Ai missionari (ministero itinerante e non locale) che erano approvati dalla chiesa, si provvedeva ai loro bisogni (senza alcuno stipendio) perché vivevano per fede.
  10. Non era richiesta alcuna decima, né si passava il cestino delle offerte, ma ciascuno depositava, secondo le proprie possibilità e quello che sentiva, e in modo assolutamente spontaneo, un’offerta nella cassetta che allora era posta all’uscita. Tale offerta serviva unicamente per aiutare le famiglie bisognose e coprire le piccole spese. (6)
  11. Avevano un forte senso civico nell’osservanza delle leggi dello Stato nei limiti in cui queste leggi, però, non contrastavano la legge superiore della Parola di Dio (Atti 5:29).
  12. Si astenevano dalla vita politica, sotto qualsiasi forma, anche nell’esercizio del voto, perché il regno di Dio non ha nulla a che fare con questo mondo (Giov. 18:36; Mat. 22:19-21; 2Tim. 2:4). (7)

 

Conclusione

Molto probabilmente in questo documento non troviamo tutti gli articoli di fede del pentecostalesimo delle origini, ma dei princìpi dottrinali ed etici chiari. Appare evidente, dunque, l’enorme e sostanziale differenza che c’è tra questo pentecostalesimo delle origini e il pentecostalesimo di oggi che iniziò a diffondersi a partire dal 1947 con la colonizzazione delle “Assemblies of God” degli Stati Uniti per l’azione efficace di loschi personaggi legati a Mafia, Massoneria e Servizi segreti, prima nominati.

© StoriaPentecostale.org

Note

(1) Cfr. Giorgio Rochat, Regime fascista e chiese evangeliche, ed. Claudiana, Torino, 1990, pp. 113-145.

(2) Legge 24 giugno 1929, n. 1159, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 16 luglio 1929, n.164. Disposizioni sull’esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti medesimi, si veda: M. Piacentini, I culti ammessi nello Stato italiano, ed. Hoepli, Milano 1934.

(3) G. Spini, Italia di Mussolini e protestanti, a cura di Stefano Gagliano, ed. Claudiana, Torino 2007, p. 206.

(4) Ministero della Giustizia e degli Affari di Culto, Dir. Gen. dei Culti, Uff. I. N. 10493-69-F.G.65 El del 21 dicembre 1929. Archivio Centrale dello Stato Dir. P.S. G/1

(5) F. Toppi, Luigi Francescon, ed. Adi-Media, Roma 2007, p. 71. Nel mondo anglosassone, Charles Fox Parham (1873-1929), il principale pioniere del pentecostalesimo, è stato il primo ad aver usato le espressioni «Movimento pentecostale», «Movimento della pioggia dell’ultima stagione» e «Movimento della fede apostolica» (Vinson Synan, The Century of the Holy Spirit, Thomas Nelson Publisher, Nashville 2001, pp. 44, 45).

(6) Cfr. anche la relazione del prefetto di Roma dell’11 giugno  1928, ACS/G.1/Roma/Pentecostali cit. in G. Rochat, op. cit., p. 114

(7) In rif. alla comunità di Ginosa (TA) il 1° dicembre del 1927 il prefetto dichiarava tra le altre cose: «… Detta chiesa non ha attinenza con le altre evangeliche; è autonoma e non si occupa affatto di politica. I seguaci sono ossequienti alle leggi e al regime e non esplicano alcuna attività politica» (ACS/G.1/Taranto, cit. in G. Rochat, op. cit., p. 119).

IL DOCUMENTO

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