Le radici teologiche del pentecostalismo italiano

Interessante disamina sulle radici dottrinali del pentecostalismo italiano con particolare enfasi sul dibattito calvinismo e arminianismo

Per gentile concessione di F. Chinnici, pubblichiamo questo interessante articolo.

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Da qualche tempo leggo tante sciocchezze e mistificazioni sulla storia pentecostale, troppe, anche da chi non fa che ripetere in modo ossessivo-compulsivo di essere “il professore”, come se questo l’autorizzasse a pontificare. Di solito chi ostenta titoli lo fa nel tentativo di dare autorevolezza alle proprie tesi poco convincenti e carenti di prove documentarie. Questi professori che pretendono di parlare ex cathedra sono poi seguiti, come cagnolini, da mediocri personaggi – giornalisti e pastori improvvisatisi storici -, di cui apprezzo gli sforzi profusi per scrivere i loro libri sul pentecostalismo ma non i risultati raggiunti perché non solo non aggiungono nulla di nuovo ma addirittura omettono porzioni importanti della storia, falsificandola di fatto. Per dare forza alle mistificazioni hanno persino coinvolto illustri personaggi del pentecostalismo mondiale, presidenti di diverse denominazioni pentecostali, a scrivere delle recensioni nel vano tentativo di colmare il vuoto e prendere per il naso i più sprovveduti, finendo per scadere tutti, autori e recensori, nel ridicolo.

Quali sono, dunque, le radici teologiche del pentecostalismo italiano? La risposta possiamo articolarla in quattro punti, tanti quante sono le radici del pentecostalismo italiano.

1. La prima radice: Francescon, Lombardi, Ottolini…

Durham
William H. Durham (1873-1912), il pastore battista e calvinista che portò il messaggio pentecostale ai pionieri italiani che erano comunque già calvinisti in quanto provenivano dalla chiesa presbiteriana.

Il messaggio pentecostale raggiunge l’Italia attraverso gli emigrati italiani negli Stati Uniti. Tra questi spiccano Luigi Francescon, Giacomo Lombardi, Pietro Ottolini e Lucia Menna. Chi erano? Da dove provenivano? In cosa credevano? Dove si erano formati?

Questi pionieri del pentecostalismo italiano erano tutti di stampo presbiteriano, calvinista e congregazionalista in quanto provenivano dalla “Chiesa presbiteriana italiana” di Chicago creata dai missionari valdesi per evangelizzare gli italo-americani condotta dal pastore Filippo Grill (1874-1939) e quindi avevano adottato tutto l’apparato dottrinale di questa denominazione. Filippo Grill era stato allievo di Paolo Geymonat un “risvegliato” valdese che si era formato all’École libre di Ginevra e sul piano teologico credeva nell’ispirazione verbale e plenaria della Bibbia, nell’esperienza personale con Cristo, intesa anche come rinnovamento interiore, nella “predestinazione” secondo cui Dio ha eletto sin dall’eternità alcuni a salvezza e in un’ecclesiologia congregazionalista secondo cui la vera realtà della chiesa fosse nella comunità locale e non nelle denominazioni che potevano avere al massimo valore strumentale.

Nell’Aprile 1907 Francescon conosce William H. Durham – pastore di estrazione battista -, che dopo avere ricevuto il battesimo nello Spirito Santo lo insegnava. E da lì il messaggio pentecostale si diffuse in tutto l’Est degli Stati Uniti. W.H. Durham – che era un predicatore dotato di eccezionale oratoria -, era assertore convinto e autorevole sia della predestinazione che dell’Opera perfetta e compiuta del Calvario (in inglese Finished Work) che ripudiava la santificazione come “seconda opera della grazia” di stampo wesleyana/arminiana.
La sua chiesa, presso la North Avenue Mission di Chicago, fu visitata dagli italiani Luigi Francescon, il primo italiano battezzato nello Spirito Santo, dalla moglie Rosa e, a seguire, Dora Di Cicco, Pietro ed Emma Ottolini e Giovanni Garrou che già si erano costituiti come Comunità evangelica italiana indipendente dopo essere usciti dalla chiesa presbiteriana curata dal pastore Filippo Grill solo per la questione relativa al battesimo per immersione agli adulti. Essi, quindi, oltre ad adottare una soteriologia di tipo presbiteriana/calvinista, da dove provenivano, accettarono come principio indiscusso l’Opera perfetta e completa del Calvario (Gv 19:30) in cui il credente è giustificato e santificato contemporaneamente, per cui non è necessaria alcuna seconda opera della grazia come invece sosteneva il massone J. Wesley; sebbene questa santificazione iniziata al Calvario continua durante l’arco della vita cristiana (1Co 1:2). Inoltre, Durham era contrario alla creazione di qualsiasi forma di denominazione, convinto assertore che queste fossero – cito testualmente -, «il più grande ostacolo all’avanzamento della causa di Gesù Cristo», esattamente come sostenevano i pionieri pentecostali italiani, L. Francescon in testa. Sono queste le radici teologiche del pentecostalismo italiano maggioritario le quali – lo ripetiamo visti i recenti tentativi di mistificare i fatti -, affondano in quello presbiteriano/calvinista della chiesa presbiteriata italiana di Chicago curata dal pastore F. Grill e poi in quello, anch’esso calvinista, della chiesa battista riformata del pastore William Durham, principale figura del pentecostalismo “battista” e padre del pentecostalismo sia in Italia che in America Latina e la sua influenza sarà globale al punto da superare la stessa Los Angeles. I fatti sono semplici e chiari!

Pertanto, a dfferenza di altri Paesi, quello italiano è un movimento autoctono che ha avuto origine da italiani per gli italiani, perlomeno fino al 1947 anno in cui avviene quella che io definisco la «colonizzazione americana» con Frank B. Gigliotti ed Henry H. Ness delle “Assemblies of God” USA (AoG). Si tratta del ceppo più numeroso a cui sono riconducibili le “Assemblee di Dio in Italia” (ADI), ma anche le “Congregazioni pentecostali italiane” (CCP) e la maggior parte delle chiese indipendenti che successivamente daranno vita alla “Federazione delle chiese pentecostali” (FCP) le quali, pur non aderendo alle ADI, ne saranno influenzate dal punto di vista teologico. Le ADI diventeranno de facto il mezzo per diffondere in Italia l’apparato dottrinale e arminiano delle “Assemblies of God” USA che, SI BADI BENE, era diverso da quello dei pionieri calvinisti autoctoni prima menzionati. Infatti, Luigi Francescon si sentì talmente tradito dalla creazione delle ADI che non rispose mai a una lettera che il primo presidente ADI, Umberto N. Gorietti, gli indirizzò nel 1948. E quando dieci anni dopo, nel 1958, durante un suo viaggio negli Stati Uniti, il giovane Francesco Toppi s’incontrò a Chicago con l’Anziano Nicola Di Gregorio (originariamente non vi erano “pastori” che saranno introdotti da H. Ness) chiedendogli di incontrare Luigi Francescon, la richiesta gli venne rifiutata con la motivazione che il fr. Francescon preferiva non avere più alcun contatto con chi aveva creato la denominazione. Questa è storia, ecco perché è giusto parlare di “radici calviniste del pentecostalismo italiano”.

È un dato di fatto che la nascita delle ADI, rappresenta un tradimento storico e teologico del pentecostalismo delle origini, un taglio con le loro stesse radici, e segna l’inizio della «colonizzazione pentecostale delle AoG americane» che fino a quel momento ne erano state completamente fuori.

 

2. La seconda radice: Alfredo Del Rosso

La seconda radice è rappresentata dal risveglio del Galles, e, ancora una volta, si evidenzia l’aspetto autoctono. Sarà, infatti, Alfredo Del Rosso che, venuto a contatto con il fenomeno pentecostale, dopo i primi timidissimi contatti epistolari con le AoG, preferisce quelli con la “Chiesa Apostolica” della Danimarca e della Gran Bretagna. Alfredo Del Rosso era di estrazione “battista riformata” sebbene avesse ricevuto una formazione valdese, e, quindi, anche lui con un sostrato teologico congregazionalista e calvinista. Da questa radice sorgerà la “Chiesa Apostolica in Italia” e la successiva “Chiesa Apostolica Italiana” e altre denominazioni ad esse comunque collegate le quali hanno tutte la peculiarità di credere nel governo ecclesiastico fondato sui cinque ministeri di Efesini 4:11 originariamente, però, inteso per ogni singola e autonoma comunità locale, ma che nel tempo, com’era inevitabile, ha degenerato in una gerarchia man mano che ha iniziato a prendere forma la denominazione.

 

3. La terza radice: Maria G. Malan

La terza radice è collegata invece al valdismo che nel 1900 viveva un periodo di sconforto dovuto principalmente a un dibattito teologico interno tra posizioni contrapposte che sinteticamente possiamo definire “liberali” contro “risvegliati”. In virtù di tale “sconforto” molti valdesi vivevano una profonda crisi spirituale ed erano conseguentemente alla ricerca di una nuova spiritualità. Sarà questa situazione a portare nel 1891 Charles T. Russell, il primo presidente della “Watch Tower Society” a visitare Pinerolo (Torino) per incontrarsi con il pastore valdese Daniele Rivoire il quale, pur non divenendo mai un “Testimone di Geova”, tradurrà gli scritti di Russell in italiano consentendo così a questa denominazione di penetrare il territorio italiano. È in questo contesto che alcuni valdesi, cosiddetti “risvegliati”, entrano in contatto con il fenomeno pentecostale (che bisogna ricordare era molto diverso da quello attuale). Tra questi vi è Maria Guglielmina Malan, che in un mio recente articolo inviato al “Comitato scientifico” del blog “Storia Pentecostale” ho definito “La prima pentecostale d’Italia”, perché la sua esperienza pentecostale precedette di pochi mesi l’arrivo in Italia di L. Francescon e G. Lombardi. Da qui si svilupperà poi una corrente pneumo-carismatica minoritaria.

 

4. La quarta radice: Unitarianismo

Una quarta radice è quella riconducibile al “modalismo” o “unitarianismo” pentecostale, erroneamente conosciuto come “Solo Gesù”, che giunge in Italia agli inizi degli anni ‘60 del secolo scorso e che fu oggetto di una mia dissertazione all’Istituto Biblico Italiano (I.B.I.) oltre venticinque anni fa (quando allora non esisteva nulla sull’argomento) citata anche dal prof. M. Introvigne che però non ho mai avuto il piacere di incontrare per cui non so in che modo egli ne sia entrato in possesso, sbagliano peraltro a scrivere il mio cognome.

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RIFLESSIONI CONCLUSIVE

In conclusione notiamo come tutte le radici del pentecostalismo italiano ci conducano in qualche modo al Valdismo (ad eccezione della quarta radice, “Unitariana”) e come tutte queste correnti, pur non incrociandosi tra loro, hanno comunque dei tratti teologici denominatori comuni:

  • La glossolalia e xenoglossia, in primis, ovviamente;
  • L’anti-denominazionalismo e conseguente congregazionalismo;
  • Una soteriologia di tipo calvinista;
  • Ma vi sono altri punti dottrinali in comune e che si discostano dalle dottrine predicate dai pentecostali di oggi come ad esempio: le due fasi del ritorno di Cristo, il rapimento segreto della Chiesa, la gap theory, il ministero del “pastore” inteso come governo monocratico, ecc..

Ecco, queste sono in sintesi le radici teologiche del pentecostalismo italiano, e qualsiasi tentativo di sradicarlo da quello battista per trapiantarlo in quello wesleyano è da considerarsi un atto scellerato, un vero e proprio sciacallaggio storico, non perché si possiede la verità in tasca ma perché questi sono i fatti storici. Sarebbe come dire che il bianco non è bianco ma nero. Impossibile.

 

Pertanto, una soteriologia di tipo wesleyana/metodista non fa parte del DNA del pentecostalismo italiano. E insistere su questo punto facendo leva sul fatto che Luigi Francescon si sia convertito durante un sermone predicato da M. Nardi, significa voler mistificare i fatti, perché non solo M. Nardi non fu mai pentecostale, ma Francescon non fu mai un discepolo di M. Nardi. E non lo furono nemmeno gli altri pionieri del pentecostalismo italiano. Anzi, al contrario, Francescon proveniva dalla chiesa presbiteriana/calvinista in cui egli aveva ricoperto persino l’incarico di Anziano-Segretario per cui doveva obbligariamente aderire alle dottrine calviniste professate che ha poi ritrovato nel pentecostalismo battistia di William H. Durham da cui aveva ricevuto il messaggio pentecostale.

 

Pentecostalismo OGM

OGM.jpgUna soteriologia di tipo wesleyana/arminiana penetrerà nel pentecostalismo italiano, è vero, ma solo successivamente. Sarà con l’arrivo in Italia di Henry H. Ness e la relativa «colonizzazione delle Assemblies of God americane» i cui insegnamenti finiranno per diffondersi anche tra le chiese che non aderiranno alle ADI (probabilmente per una sorta di “complesso di inferiorità” teologico) ma anche per l’attività missionaria della “Church of God (Cleveland, Tennessee)” che ha dato origine alla “Chiesa di Dio in Italia”. Questa sì che era, ed è, wesleyana/arminiana ed infatti mantiene nel proprio corpus dottrinale il concetto di santificazione come seconda opera della grazia che invece non troviamo (si badi bene) nelle ADI e nella quasi totalità delle chiese pentecostali italiane. 

 

Artic oli di fede
A sinistra gli artt. di fede delle “Assemblee di Dio in Italia” e a destra quelli della “Chiesa di Dio in Italia”. Dal loro confronto emerge facilmente la differenza in merito alla santificazione come seconda opera di grazia del tutto assente negli artt. di fede delle ADI.

 

E poi come conciliare una teologia dispensazionalista/arminiana cessazionista con l’esperienza pentecostale secondo cui Dio è sovrano e immutabile e non ha mai ritirato i Suoi doni? Un pentecostale “arminiano” che crede nell’onnipotente “libero arbitrio” (definizione particolarmente cara in ambiti massonici e del tutto inesistente nella Bibbia ma presa in prestito dal paganesimo e dalla filosofia) crea un cortocircuito perché di fatto è in contraddizione con se stesso. Un pentecostale italiano che professa una teologia dispensazionalista e arminiana è un “organismo teologicamente modificato”. Solo chi non ha studiato oppure è in malafede può affermare il contrario. In effetti una mutazione genetica del pentecostalismo italiano vi fu, e fu quella introdotta da Henry H. Ness nel 1947 quando diede vita alla denominazione “Assemblee di Dio in Italia”. Sono diverse le dottrine che iniziarono ad essere introdotte a partire da quell’anno che i pentecostali italiani delle origini non credevano e molto spesso aborrivano.

Quindi, possiamo parlare di “PENTECOSTALISMO OGM” perché con Henry H. Ness e la conseguente nascita delle ADI il pentecostalismo italiano viene “Geneticamente Modificato”, diventando un’altra cosa rispetto a quello che era alle origini, pur mantenendo tuttavia delle caratteristiche (teologicamente irrilevanti) di quello originario come ad esempio l’utilizzo del velo per le donne durante il culto e il saluto “pace”, ma nella sostanza è tutt’altra cosa!

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L’articolo di “Cristiani Oggi” nel quale F. Toppi scrive che Francescon si rifiutò di incontrarlo nel 1958

Se il pentecostalismo italiano con questa mutazione genetica sia migliorato o peggiorato può essere oggetto di dibattito e dipende dai punti di vista. Quello che è assolutamente certo, è che tale mutazione genetica c’è stata. E, lo ripeto, le ADI influenzeranno la struttura teologica dell’intero pentecostalismo italiano (anche al di fuori dall’àmbito ADI). La «colonizzazione delle Assemblies of God americane» se non fu di carattere amministrativo (perché i due movimenti sono indipendenti) lo fu però nella teologia con inevitabili conseguenze poi anche nell’etica e nella prassi. D’altronde, Maria Arcangeli, Paolo Arcangeli e Francesco Toppi – che sono i principali personaggi che daranno un’identità teologica alle ADI e di riflesso anche al pentecostalismo non ADI -, dove avevano studiato? Dove si erano formati? Chi li aveva formati? E dove hanno continuato ad attingere una volta rientrati in Italia? Non a caso la prima studentessa biblica pentecostale italiana (M. Arcangeli) andrà a studiare al college fondato e diretto proprio da Henry H. Ness, totalmente finanziata da lui. La colonizzazione americana attuata da Henry H. Ness e pianificata da Frank B. Gigliotti era riuscita.

Per la verità a metà degli anni ’90 del secolo scorso, Francesco Toppi s’impegnò non poco nel cercare di far risalire le radici dottrinali del pentecostalismo italiano alla corrente wesleyana, ma le sue tesi non furono mai convincenti e avevano un difetto di origine (so di cosa parlo perché allora ero MOLTO VICINO a Francesco Toppi). Francesco Toppi doveva difendere in modo aprioristico la posizione arminiana (che ricordo era diversa rispetto a quella dei pionieri pentecostali) in virtù di dissidi che erano sorti all’interno delle ADI. La sua priorità era tutelare l’unità della denominazione e scongiurare una scissione piuttosto che un’analisi storica obiettiva e scevra da pregiudizi, perché in quel periodo vi era un nutrito numero di pastori ADI che avevano cominciato ad adottare una soteriologia di tipo “calvinista”. A capo di quel dissenso vi era Nazzareno Ulfo, allora pastore nelle chiese ADI di Caltanissetta e San Cataldo, che per la verità aveva comunque un atteggiamento conciliante, né credo avesse intenzione di dividere l’opera come gli venne attribuito. Così, l’unità e l’uniformità della denominazione prevalsero sull’oggettività dell’indagine storica, e non poteva essere altrimenti proprio in virtù della sua carica di presidente.

Note

Nota 1

Preciso, anche se dovrebbe essere ovvio, che dato il taglio divulgativo della nota (non è uno studio) i termini “calvinismo”, “arminianismo”, “liberali” “risvegliato” sono utilizzati nella loro accezione più generica.

Nota 2

La “Congregação Cristã no Brasil” ossia la “Congregazione Cristiana in Brasile”, fondata nel 1910 da L. Francescon crede tuttora nella dottrina dell’elezione e nel ritorno di Cristo Gesù prima del Millennio, ma non crede nelle due fasi del ritorno di Cristo e nel rapimento segreto, né nella santificazione come seconda opera di grazia ma nella santificazione che ha inizio al momento della conversione prima e a prescindere dal battesimo in Spirito Santo con il segno delle lingue.

Nota 3

I pionieri pentecostali credevano nell’elezione dei santi non solo perché provenivano tutti dalla chiesa presbiteriana/calvinista italiana di Chicago (L. Francescon era il braccio destro del pastore Filippo Grill e spesso egli stesso predicava) ma anche perché ricevettero il messaggio pentecostale da William Durham, pastore della North Avenue Mission di Chicago, anche’egli calvinista. I pionieri pentecostali italiani erano talmente assetati dell’amore di Dio e della potenza dall’Alto che non nutrivano alcun interesse ai risvolti filosofici dell’arminianismo e del calvinismo, ma credevano nella predestinazione degli eletti unicamente perché la leggevano nelle pagine del Nuovo Testamento, e in questo soltanto. Infatti in molti credono che uno dei motivi per cui il dott. Henry H. Ness delle “Assemblies of God” riuscì a prendere per il naso la maggior parte dei primi conduttori pentecostali italiani seducendoli ad abbandonare l’anti-denominazionalismo per dare vita all’organizzazione religiosa “Assemblee di Dio in Italia”, sia dovuto proprio alla loro semplicità e, forse, ingenuità. Sarà a partire dal 1947 che s’introdurranno lentamente e gradualmente, anche in modo sottile, vari elementi dottrinali che i pentecostali delle origini aborrivano come ad esempio una soteriologia di tipo arminiana con enfasi sull’onnipotente e pagano “libero arbitrio”. Sia chiaro che i pentecostali italiani delle origini credevano nel proponimento di Dio e nell’elezione dei salvati non per una mera speculazione filosofica, ma perché persuasi dalla semplice lettura della Bibbia, il loro unico e semplice codex. Il documento che segue potrebbe rappresentare una sintesi di quello che credevano i primi pentecostali italiani.

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Per un approfondimento si consiglia la lettura del libro “Dio Salva tutti gli Uomini? Esiste un Libero Arbitrio?”, sempre dello stesso autore e fruibile gratuitamente nel nostro blog.

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