Henry H. Ness, il fondatore delle “Assemblee di Dio in Italia”
© Filippo Chinnici
(aggiornato il 4 aprile 2024)
Introduzione
Un popolo senza memoria storica è come un albero senza radici
Henry Hamilton Ness è stato il fondatore delle «Assemblee di Dio in Italia» (ADI). Questo è lapalissiano e nessuno storico degno di questo nome potrebbe mai metterlo in dubbio. Sarebbe come dubitare che Lutero sia il fondatore del Luteranesimo o Wesley del Metodismo. La documentazione a riguardo è chiara e inequivocabile. Lo scrissero i pentecostali americani, lo affermò lo stesso Henry H. Ness, sebbene abbia evitato di usare esplicitamente questo verbo, lo lasciò intendere senza troppi giri di parole Roberto Bracco in un articolo pubblicato nel The Pentecostal Evangel (del 10.12.1949, p.10) e lo si evince persino dagli scritti pubblicati nel corso degli anni dalla stessa organizzazione pentecostale ADI se letti con la dovuta attenzione.
Tuttavia, a partire dal 2013 accade un fatto assai strano; e, cioè, le “Assemblee di Dio in Italia” che avevano sempre dato ampio risalto alla storia della propria denominazione, stranamente iniziano a parlarne sempre meno fino al punto da spegnere del tutto – seppur gradualmente -, i riflettori su Henry Hamilton Ness. E così, a differenza del passato, alla storia del Movimento Pentecostale iniziano a non dare più la stessa importanza che invece davano negli anni precedenti, in particolare nel periodo che va dagli anni Ottanta del secolo scorso fino alla prima decade di questo secolo. Addirittura, mi è giunta voce che all’Istituto Biblico Italiano (IBI) – la scuola di formazione teologica delle “Assemblee di Dio in Italia” non esiste più come materia di studio ma le sia stato assegnato un ruolo di secondo ordine e sia stata inserita nel contesto dei movimenti di risveglio nel mondo Protestante. Se le voci sono vere si tratta di un cambiamento epocale perché nemmeno le facoltà non pentecostali le danno così poca rilevanza.
In questo modo le ADI stanno formando non solo, com’è noto, degli analfabeti funzionali dal punto di vista biblico, ma anche degli analfabeti funzionali dal punto di vista storico. Eppure – a proposito di istituzioni teologiche -, se si confronta il piano di studi dell’Istituto Biblico Italiano con quello del Northwest Bible Institute fondato da H. Ness nel 1934 (soprattutto il piano di studi in vigore fino al 1960) si scopre un’incredibile somiglianza tra i due; sebbene ufficialmente si sia cercati di duplicare il piano di studi dell’IBTI britannico (oggi International Bible Training College) dove sono stati indottrinati tanti giovani pentecostali italiani del dopoguerra a partire dallo storico presidente ADI, F. Toppi.
Questa situazione coincide, guarda caso, con l’uscita nel dicembre del 2012 del volume «La Massoneria Smascherata» di G. Butindaro. Il volume che apre il vaso di pandora sulle connivenze dei pentecostali con vari circuiti legati a massoneria e servizi segreti. Pertanto, al contrario del trattamento ingeneroso che i pentecostali italiani stanno riservando a Henry H. Ness, sono del parere che Ness (insieme a Frank B. Gigliotti) meriterebbe un monumento alla memoria perché senza di lui oggi le Assemblee di Dio in Italia (ADI) non esisterebbero. Lo ripeto: I pentecostali italiani dovrebbero erigere un monumento alla memoria di H. H. Ness per come ha lottato per la loro libertà religiosa, per i cospicui aiuti economici fatti arrivare (“il piano marshall evangelico”), per avere posto le fondamenta e dato inizio alla costruzione dell’organizzazione religiosa Assemblee di Dio in Italia (ADI), ma anche per la svolta che ha dato all’intero pentecostalismo italiano, pure quello non ADI, che ne subirà le influenze sia nell’etica che nella teologia per una forma di sudditanza psicologica che queste ultime hanno nutrito per anni nei confronti delle chiese ADI; perché, vorrei ricordare, le ADI sono stati i primi a organizzare una scuola di formazione teologica di tipo pentecostale, e intere generazioni di bambini e giovani delle chiese pentecostali non associate alle ADI si sono formati comunque con i «manuali della Scuola Domenicale» (una sorta di “catechismo” evangelico) che pubblicavano, e ancora pubblicano, le Assemblee di Dio in Italia. Testi che, per inciso, erano poi la traduzione spesso adattata dei manuali pubblicati dalle Assemblies of God americane. In questo modo gli americani hanno prima colonizzato e poi esercitato la loro influenza per (de)formare l’intero pentecostalismo italiano dal punto di vista teologico e non solo ecclesiologico.
1. Il binomio del complotto
Utilizzo l’aggettivo «binomio» perché meglio di qualunque altro descrive il rapporto che esisteva tra Frank Bruno Gigliotti ed Henry Hamilton Ness, poiché i due operavano in perfetta sinergia. Potremmo dire che erano due corpi e una sola anima. Sono loro gli ideatori e i padri fondatori delle “Assemblee di Dio in Italia”! Gigliotti architettava, Ness gettava le basi per la costruzione, e poi i loro subalterni in Italia come U. Gorietti, R. Bracco, V. Federico e S. Anastasio costruivano nascondendo al resto dei pentecostali gli intrighi e i complotti che avvenivano dietro le quinte. Gigliotti-Ness, hanno ordito insieme, per conto di architetti esterni che li manovravano, un vero e proprio complotto ai danni dei pentecostali italiani.
Infatti, H. Ness e F. Gigliotti non solo si conoscevano molto bene ma erano accomunati da legami e interessi comuni sia massonici, sia sionisti e sia di intelligence, il primo nel Mossad e il secondo nella CIA pure se, spesso, operavano trasversalmente. Essi hanno lavorato insieme, hanno pianificato insieme, hanno programmato insieme tante cose, e insieme hanno dato vita alle «Assemblee di Dio in Italia» (ADI). Perciò si può affermare, senza alcun tema di smentita, che le Assemblee di Dio in Italia sono una loro creatura. Attenzione, però, perché entrambi ubbidivano a regie esterne al pentecostalismo stesso. Entrambi erano degli strateghi, entrambi erano lungimiranti, entrambi possedevano competenza e innegabili abilità, ma, lo ripeto, entrambi ubbidivano a regie esterne persino al mondo cristiano. E la nascita delle Assemblee di Dio in Italia (ADI) avrebbe segnato per sempre una svolta nella storia dell’intero pentecostalismo italiano, pure quello che non entrò a far parte delle ADI.
2. Perché una biografia su Henry H. Ness?
È comunque fuor di dubbio che i pentecostali italiani siano stati essi stessi raggirati e ingannati nell’immediato dopoguerra. E un ruolo importante in questo inganno l’hanno giocato Henry H. Ness e Frank B. Gigliotti e chi, dietro di loro, muoveva le fila come peraltro lascia intendere nei suoi scritti pure R. Bracco e come, più recentemente, ha raccontato il pastore G. Tramentozzi. Le “Assemblee di Dio in Italia” sono nate con l’inganno e hanno continuato peggio. Sia ben chiaro una volta per tutte: Le Assemblee di Dio in Italia rappresentano un tradimento storico e teologico delle proprie radici rappresentate da L. Francescon, G. Lombardi, P. Ottolini, ecc..
3. La lettera del Maestro Venerabile David A. Green
Eccoci giunti finalmente alla lettera di David A. Green, già Maestro Venerabile della Ionic Lodge N° 90 del Rito Scozzese Antico ed Accettato, di Seattle, a Henry H. Ness (1894-1970). Di questa lettera faccio notare solo alcune cose che poi dovrebbero approfondire i ricercatori:
- L’intestazione: Si noti il nome della loggia che nel lessico massonico è molto importante. Un’importanza che va oltre la simbologia. Leggiamo: «Ionico». Il nome è indicativo per aiutarci a comprendere la funzione della loggia. Perché questa loggia assunse questo nome? Che significato ha?
- La data in quanto anche la numerologia riveste un ruolo importante per la massoneria, e cioè: 9.9.1949.
- Il contenuto: Henry H. Ness aveva tenuto un discorso a un incontro massonico a cui avevano partecipato tanti massoni inclusi 15 (quindici) «maestri venerabili». Che genere di discorso aveva tenuto H. Ness?
- I saluti con cui il maestro venerabile David A. Green s’indirizza al Pastore Henry H. Ness: «Noi ti salutiamo come un Fratello» sono un chiaro lessico massonico (vd. il manuale massonico «The masonic text-book of Tennessee» pp. 49, 52).
- In più David A. Green scrive a Henry H. Ness: «Noi ti salutiamo come un Fratello perché tu hai la Massoneria nel cuore e i pensieri che ci hai lasciato sono totalmente in armonia con il credo Massonico della ‘Paternità di Dio e della Fratellanza dell’Uomo». Sul significato di queste parole vedi alla fine tra gli articoli correlati.
HENRY HAMILTON NESS
(Cenni biografici inediti)
“Qualsiasi evento storico, per quanto nefasto possa essere, è sempre posto su di una via che porta al positivo, ha sempre un significato costruttivo.” –
1. Un fervente sionista
Henry Hamilton Ness era un fervente sionista ebreo. Ecco la prima verità inedita che non è mai stata detta fino adesso. A Seattle vi era, e vi è tuttora, una folta comunità ebraica di cui lo stesso maestro venerabile David A. Green faceva parte. Una delle prove è costituita dalla pagina del The Transcript, un quotidiano ebraico locale, del 28 febbraio 1949.
Nel numero del 26 luglio 1948, vol. XXV nr. 43, dello stesso giornale ebraico, si parla di Henry H. Ness che tra le altre cose viene definito un «fervente sionista».
Qualche anno dopo, quando il governatore dello Stato di Washington Arthur B. Langlie nominerà Henry H. Ness capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (ne parlerò più avanti), il Rev. Alexander Schiffner, pastore del Bethel Temple, invierà una lettera di protesta al governatore scrivendogli:
Il dottor Ness è un autoproclamato sionista. Il sionismo è anti-cristiano poiché è un movimento globalista che mira a stabilire un governo mondiale sotto il controllo dei sionisti ebrei
[nota: – forse avrebbe fatto meglio a specificare che i “sionisti aschenaziti” non sono considerati Giudei – uso questo termine con cognizione rispetto a “ebreo” -, dagli altri sottogruppi come i sefarditi].
È questo il motivo perché tra i finanziatori dei suoi viaggi troviamo pure logge massoniche ebraiche. E così mentre Henry H. Ness veniva a Roma, ripeto finanziato da logge massoniche ebraiche per questioni di geopolitica internazionale, come copertura teneva delle conferenze bibliche ai conduttori pentecostali italiani aventi come tema «L‘organizzazione delle chiese» con il preciso intento di tagliare le radici del pentecostalismo italiano e la concezione congregazionalista e antidenominazionale dei pionieri (L. Francescon, G. Lombardi, P. Ottolini, ecc. e poi in William H. Durham) in modo da trapiantarli poi nel terreno dell’organizzazione che lui stesso avrebbe creato da lì a poco, cioè le “Assemblee di Dio in Italia” .
Contemporaneamente, tra uno studio e l’altro, egli si incontrava con Papa Pio XII nascondendolo alla maggior parte dei pentecostali italiani(nota 1) . Pensare che Henry Ness si sia incontrato dal Papa solo per la questione pentecostale è errato e significa peccare di ingenuità. Per quanto possa apparire difficile per i pentecostali, per Henry H. Ness la questione pentecostale era del tutto secondaria rispetto ai veri motivi per cui Henry Ness faceva questi viaggi. Per questo, una volta giunto in Italia, Ness non s’incontrò solo con Papa Pio XII.
È singolare il fatto che i pentecostali italiani non abbiano mai saputo di questo incontro tra H. Ness e Papa Pio XII fino al 2012, anno in cui l’hanno appreso dal volume «La Massoneria Smascherata» di G. Butindaro, il primo ad avere resa pubblica la notizia in Italia. Adesso, però, è giunto il momento di andare oltre e fare qualche passo in avanti. In questo senso aggiungo che proprio in quei giorni, mentre si trovava a Roma, H. Ness non s’incontrava soltanto con il Papa, ma contemporaneamente s’incontrava anche con David(e) Prato, il rabbino maggiore presso la sinagoga di Roma. E non solo con lui, ma pure con tanti altri personaggi. Molti di questi incontri avvenivano all’Hotel dove alloggiava (di cui parlerò dopo) e talvolta persino all’interno dell’ambasciata americana di via Veneto, Roma. Anche David Prato, come H. Ness, era uno zelante sionista e apparteneva alla potente loggia massonica B’nai b’rith. Non serve spiegare qui la differenza tra “sionismo” e “giudaismo” .
Nel 1938, quando il regime fascista iniziò la sua politica antisemita, David Prato si rifugiò in Israele (che allora ci chiamava Palestina perché lo Stato sarebbe ufficialmente nato nel 1948) per rientrare in Italia nel 1945. Tra le sue tante attività, il rabbino David Prato svolgeva anche un ruolo di primo piano nell’amministrazione del Fondo nazionale ebraico (קרן קימת לישראל, Keren Kayemet LeYisrael, ma a volte abbreviato KKL, pronunciato KaKal). Su cosa fosse questo fondo, da chi e come era gestito fate le ricerche. Qui vi anticipo solo che sia Henry H. Ness che D. Prato lavoravano entrambi per gli stessi servizi di intelligence. Il Mossad, sebbene nasca ufficialmente nel 1949 era già operativo da prima. E, guarda caso i Rockefeller, la famiglia che ha sempre sponsorizzato H. Ness come vedremo più avanti, nel paragrafo 3, furono tra i principali “finanziatori” del Mossad.
Come mai questo fermento e tutti questi incontri di Henry H. Ness?
Ecco perché il quotidiano del Vaticano, “L’Osservatore Romano” del 9 agosto 1947 nel riportare la notizia dell’udienza privata tra Henry H. Ness e Papa Pio XII, proprio a ridosso della nascita delle chiese ADI, trascrisse il suo cognome come «NESH» ( נְשׁ ). Ora, in ebraico la grafia NESS e NESH è identica. L’unica differenza è in un puntino posto in alto nell’ultima lettera, che se posto a destra è «Shin» (e quindi abbiamo NESH) se invece è posto a sinistra è «Sin» (e quindi abbiamo NES) e se posto dentro vi è il raddoppiamento e abbiamo «NESS». Un puntino. Solo un puntino. Sia chiaro, quindi (qualora qualcuno lo pensasse) che non si trattò affatto di un errore del giornalista de «L’Osservatore Romano», perché in particolari “contesti” Henry H. Ness si presentava con il cognome diverso. Ad esempio, all’Hotel dove alloggiava quando veniva a Roma si presentava come «Nesh».
2. L’Hotel Inghilterra di Roma
Eh sì, perché so pure l’Hotel in cui alloggiava e i ristoranti che preferiva. Tra i ristoranti, ad esempio, ve n’era uno a Napoli che egli amava particolarmente che si chiamava «Gangiani», situato in via Francesco Baracca 3. E Napoli fu una città a cui il Nostro rimase sempre “legato” per via della fraterna conoscenza con alcuni piccoli imprenditori calzolai, datori di lavoro di Umberto N. Gorietti, che gli ricordarono le sue origini poiché pure il papà di Henry Ness era un calzolaio; ma di questo ne parleremo più avanti. Per quanto riguarda l’Hotel in cui alloggiava a Roma – e dove frequentemente organizzava i suoi incontri -, si tratta dell’Hotel Inghilterra, in Via Bocca di Leone 14, nel cuore della Capitale, in pieno centro storico, nel quartiere della moda, a pochi passi dalla scalinata di Piazza di Spagna e da Piazza del Popolo. Ma sono facilmente raggiungibili anche l’ambasciata americana di via Veneto e via Sicilia, una strada che definire ancora oggi “particolare” per via della presenza di logge massoniche, stazioni di vari servizi di intelligence sotto mentite spoglie è solo un eufemismo. Pure il Colosseo, il Pantheon, il Pincio e il suggestivo Foro romano sono facilmente raggiungibili a piedi. La nota interessante è che, casualmente, l’Hotel si trova pure a pochi passi da quella che era allora l’abitazione di Umberto Nello Gorietti (1904-1982), primo presidente delle Assemblee di Dio in Italia (ADI) e commerciante di scarpe alle dipendenze di Salvatore Anastasio (di Napoli). E secondo me – come vedremo più avanti -, fu proprio Salvatore Anastasio il primo vero presidente delle ADI. Stiamo parlando dell’appartamento nel condominio di via Frattina 35 che oltre ad essere l’abitazione di Gorietti fu pure la prima sede legale delle ADI (Cristiani Oggi, 1-31 Agosto 1997, p.7). Pensate che la distanza tra i due indirizzi è di un centinaio di metri appena.
Pertanto, è pacifico che Henry Ness e Umberto Gorietti si vedevano tutti i giorni e insieme si recavano alle conferenze – che allora venivano chiamate «Conversazioni bibliche» -, aventi come tema proprio: «il governo della chiesa e l’organizzazione» (cfr. Risveglio Pentecostale, Anno II, 1947, n.1, pag.11; The Pentecostal Evangel, 11 ottobre 1947, pag. 11). La scelta del tema della conferenza non fu casuale perché l’intento era creare l’organizzazione religiosa “Assemblee di Dio in Italia”. E per farlo bisognava abbattere quell’antidenominazionalismo che aveva da sempre caratterizzato il pentecostalismo. Il tema della conferenza fu suggerito dallo stesso Henry H. Ness che sarebbe stato l’oratore “ospite”. Conferenze appositamente organizzate con l’intento di tagliare le radici con l’antidenominazionalismo tipico dei pionieri italiani L. Francescon, G. Lombardi, P. Ottolini e altri che poi a sua volta si rifaceva a quello di William H. Durham da cui essi avevano ricevuto il messaggio e la teologia pentecostale. Sono persuaso che Ness e Gorietti si vedessero tutte le mattine a colazione, così come sono persuaso che Gorietti abbia accompagnato H. Ness a divesi incontri, perlomeno a quello dell’8 agosto 1947 in Vaticano con Papa Pio XII per poi recarsi sempre insieme, come se nulla fosse, alla conferenza dove vi erano ad attenderli gli ignari conduttori pentecostali a cui nascosero tutto.
Il motivo per cui ho dedicato un paragrafo all’Hotel in cui alloggiava H. Ness, sta nel fatto che allora l’Hotel Inghilterra era un’alcòva di personaggi legati all’intelligence, e non solo. Sebbene fosse uno dei migliori Hotel della città, tuttavia non era il più lussuoso. Però, era certamente il “più particolare” e il più adatto alla missione di H. Ness. E la scelta di Ness (o chi per lui) su questo Hotel non fu affatto casuale. Ho dedicato diversi anni a studiare la vita e la personalità di Henry Ness. Ho letto tutte le sue opere e con l’ausilio della psicolinguistica ho provato a creare pure un profilo psicologico del Nostro. Ness non affidava mai nulla al caso. Ness pianificava tutto, in ogni minimo dettaglio; talvolta persino con una scrupolosità maniacale. Per chi è appassionato di studi di intelligence, massonici ed esoterici troverà che tutta quell’area era, e lo è ancora, estremamente interessante; ma sta agli studiosi seri fare ricerche e scoprire. Quanto all’Hotel, basta risalire, ad esempio, chi fossero allora i veri proprietari. Qui mi limito a dire che la storia del palazzo dell’Hotel affonda le radici nel 1500 quando era un’antica residenza nobiliare per gli ospiti dei Principi Torlonia, nota famiglia appartenente all’aristocrazia nera. E già questo è un dettaglio tutt’altro che secondario per chi conosce la storia e il ruolo dell’aristocrazia nera nelle vicende legate all’Italia e al Vaticano. La piazza serviva per parcheggiare le carrozze degli ospiti e la fontana per lavarle. La zona era allora abitata prevalentemente da stranieri e qui vi si concentravano le strutture ricettive di Roma. Sembra che l’adiacente via Borgognona derivi infatti il suo nome da una colonia di Borgognoni che qui vissero dall’inizio del 1400 in poi. Le carrozze entravano a Roma dalle antiche via Flaminia e via Cassia, passando per Porta del Popolo. Nell’Ottocento lo sviluppo edilizio favorito da Papa Pio IX produsse radicali rimaneggiamenti in tutto il rione. Fu nel 1845 che l’edificio divenne ufficialmente un albergo con il nome di “Hotel d’Angleterre” perché il poeta inglese John Keats, che abitava nella vicina Piazza di Spagna, attirava numerosi visitatori britannici, tra i quali Byron e Shelley. Il nome in francese non deve sorprendere perché quelli sono proprio gli anni della dominazione francese che ne influenzò non solo la lingua ma pure la politica urbanistica. Il governo dei Papi era stato interrotto dalla breve vita della Repubblica Romana (1798) costruita sul modello della Rivoluzione francese durante la quale pure la storia dei Papi appare abbastanza travagliata. Nel 1846 moriva Papa Gregorio XVI e gli succedeva Pio IX. Quelli sono anni di fermento risorgimentale a Roma. Quel che qui interessa, è che sin dall’inizio l’hotel è stato frequentato da aristocratici e dalla nobiltà internazionale, quindi non solo anglofona e francofona. Successivamente divenne il centro della Roma dannunziana, che gravitava tra via Condotti, Piazza di Spagna e via Bocca di Leone, mentre tra i i nomi più illustri che vi hanno soggiornato si ricordano il pianista Franz Liszt, il poeta danese Hans Christian Andersen, il critico letterario statunitense Henry James e ancora l’ultima grande diva dell’era d’oro di Hollywood, Elizabeth Taylor, così come l’attore Premio Oscar Gregory Peck e lo scrittore Ernest Hemingway nel primo ’900 oltre a un numero infinito di imprenditori, diplomatici, ecc. ecc., fino alla più recente visita di sua Altezza Reale il Principe Filippo, Duca di Edimburgo. Non a caso, il logo dell’hotel si ispira allo stemma della famiglia reale britannica a testimonianza dei legami secolari con la casa reale di Windsor.
3. L’international for Christian Leadership e il «National Prayer Breakfast»
H. Ness operò non solo in Italia ma anche in altre parti d’Europa, in modo particolare in Spagna, Grecia e Portogallo. Attenzione, perché egli non operò esclusivamente per questioni legate al pentecostalismo; anzi diciamo che il titolo di pastore gli serviva come “copertura”. Persino la creazione delle “Assemblee di Dio in Italia” è da ritenersi secondaria rispetto a quello che egli fece effettivamente in Europa per conto dell’International for Christian Leadership (ICL), un’organizzazione anti-comunista che sebbene assumerà questo nome nel 1944 già esisteva dal 1935 come National Committee for Christian Leadership. Essa è stata creata dal pastore metodista, anche lui di origine norvegese, e anche lui residente a Seattle, Abraham Vereide (1886-1969). Alla morte di A. Vereide, alla guida dell’organizzazione succederà Douglas Coe (1928-2017) che per anni ne era stato suo fedele collaboratore. D. Coe sosteneva che bisognava essere “invisibili”, e così ne ha cambiato di nuovo il nome in The Family o Fellowship, allargando il concetto di “cristiano” pure ad ebrei e musulmani. Stiamo parlando di un’organizzazione internazionale che coinvolge le élite di molte nazioni del mondo. I cambiamenti di nome nel corso degli anni, evidenziano come le ambizioni dell’organizzazione siano cambiate dall’essere a carattere nazionale a internazionale per poi evolvere in qualcosa di segreto ed esclusivista. Detta organizzazione oltre ad essere un covo di massoni era, e lo è ancora, anche un covo di sionisti ed era completamente controllata dai servizi segreti americani. (cfr. Harry S. Truman & William R. Denslow, 10,000 Famous Freemasons from K to Z Part Two, Kessinger Publishing’s Rare Reprints, 2004, pag.81). Henry Hess, repetita iuvant, faceva addirittura parte del suo comitato esecutivo.
Più recentemente quest’organizzazione è salita alla ribalta della cronaca come «MAFIA CRISTIANA» a seguito dei retroscena raccontati in due libri scritti da uno dei suoi ex membri, Jeff Sharlet, che poi sono diventati dei documentari prodotti da Netflix. Ma facciamo qualche passo indietro per meglio capire.
4. L’arrivo negli Stati Uniti e il passaggio di carriera dal settore farmaceutico a quello petrolifero
H. Ness era nato a Oslo – che allora si chiamava Christiania -, in Norvegia, il 6 agosto 1894 da Dora e Hans Ness. È cresciuto nello stesso quartiere in cui si trova il palazzo reale (in norvegese Det kongelige slott, normalmente abbreviato in Slottet) e il padre Hans faceva il calzolaio producendo scarpe su misura per l’aristocrazia norvegese. Tra questi vi era anche la famiglia di Haakon VII che nel 1905, dopo la separazione con la Svezia, salì al trono come primo re di Norvegia. E così il giovane Henry che invece vendeva giornali per strada, venne a contatto con i reali di Norvegia. E malgrado la piccola differenza di età, divenne compagno di giochi del piccolo Alexander Edward Christian Fredrik che nel 1905, quando il padre Haakon VII salirà al trono, assunse il nome di Olav e che a sua volta, nel 1957, avrebbe succeduto al padre salendo al trono come re Olav V (1903-1991). I due rimarranno sempre in contatto; addirittura H. Ness diventerà una specie di consigliere, secondo i racconti dello stesso Henry. E sempre H. Ness racconterà che grazie alla vicinanza con Olav V, quando era giovanetto, era rimasto particolarmente impressionato dalle visite al palazzo reale di vari personaggi importanti che provenivano da ogni parte del mondo. Un’affermazione che può aiutarci a capire la personalità, la psicologia e forse le ambizioni del Nostro. Nel 1911, appena diciassettenne (sebbene alcune fonti parlino di 1910), lascia la famiglia per trasferirsi negli Stati Uniti, con la precisione a Chicago, andando a vivere presso lo zio Jens Wilsberg e dove vi rimase per circa sette anni. In quegli anni riuscirà a prendersi una specie di baccalaureato in farmacologia in quanto allora negli Stati Uniti per accedere a questo genere di college era sufficiente avere ultimato le scuole primarie. Da allora si firmerà “Dr. Ness” ma in realtà Ness non aveva alcun dottorato (PhD). Dopo di che si trasferirà a Minneapolis dove, insieme a un socio, aprirà una piccola farmacia che non deve confondersi con quelle che conosciamo oggi(nota 2). Quello è un periodo particolare per l’industria farmaceutica. Da poco è stata inventata la penicillina. Un periodo di transizione che condurrà a quella che oggi conosciamo come Big Pharma. È il periodo in cui la famiglia Rockefeller acquista tutte le farmacie che le capitano sottomano fino ad assumere il controllo dell’intero settore facendo fuori ogni concorrenza(nota 3).
E così, dopo appena tre anni e malgrado gli affari andassero molto bene, H. Ness si convincerà a vendere la propria azienda perché, secondo quanto dichiarerà egli stesso, “non aveva più abbastanza stimoli”. H. Ness, deciderà di accettare l’offerta dei Rockefeller, vendere la propria farmacia a un ottimo prezzo traendone ampi profitti e accetterà l’impiego presso la Standard & Oil – in un settore a lui completamente sconosciuto fino a quel momento – e vi lavorerà fino al 1924.
Va ricordato che la Standard & Oil – che in seguito fu sciolta per diventare Chevron, Exxon, Mobil ecc. -, era la multinazionale di proprietà della potente famiglia di Cazari aschenaziti sionisti dei Rockefeller, associata con i Rothschild, i Warburg, i Morgan, i Dupont ecc., nella creazione del fenomeno Hitler in Germania, in stretti legami con i Gesuiti e che stanno dietro a molte vicende degli ultimi secoli. Non ultimo sarebbero tra i proprietari, dal 1913, della famosa Federal Reserve, la banca centrale americana. Henry Ness si occuperà del settore delle vendite (naturalmente parliamo di contratti a intere nazioni, inclusa l’Italia) arrivando a scalarla fino a ricoprire ruoli importanti all’interno della stessa azienda. Infatti, H. Ness godrà sempre della “protezione” di questa potente famiglia sionista Cazara aschenazita(nota 4) che lo aveva preso sotto la propria ala, formandolo e investendo su di lui; anche perché egli era stato attenzionato già sin dai tempi in cui viveva in Norvegia e frequentava il Palazzo Reale dell’amico di sempre e futuro re Olav V di Norvegia. Nel 1919 si sposerà con Anna Molgaard, una donna di origine danese, che gli darà sei figli di cui tre dovrebbero essere ancora in vita nel momento in cui scrivo (maggio 2021).
5. La collaborazione con Frank B. Gigliotti
Henry Ness lavorava a stretto contatto con Frank B. Gigliotti perché entrambi rispondevano agli stessi “poteri” sovranazionali. H. Ness conosceva personalmente Frank B. Gigliotti. I due sebbene allora abitassero abbastanza distanti, il primo a Seattle e il secondo in California, non si sentivano solo per telefono ma si incontravano di persona. Dalla corrispondenza intercorsa tra i due, in mio possesso, emerge che per argomenti delicati i due preferivano affrontare lunghi viaggi per incontrarsi di persona. E infatti prima di ogni viaggio di Henry H. Ness in Europa, i due s’incontrarono personalmente. H. Ness fece almeno quattro viaggi in Europa ma quelli di cui sono riuscito a ricostruire tutti gli spostamenti al momento sono tre (1946, 1947 e 1948). Secondo l’organo ufficiale delle ADI (Risveglio Pentecostale, n. 4 del 1953, p. 13) il Nostro avrebbe fatto un giro tra le principali chiese ADI che egli aveva fondate nella prima metà di maggio 1953, ma non ho trovato conferme e da tempo ho cessato di fare ricerche.
Non si conoscono nel dettaglio i contenuti degli incontri tra H. Ness e F. Gigliotti (perlomeno che io sappia) ma dallo scambio epistolare tra i due di cui sono in possesso si conoscono alcuni dei temi di cui hanno parlato, e vi posso assicurare che sono estremamente interessanti a cominciare dall’inganno perpetrato contro i pentecostali italiani nella creazione delle «Assemblee di Dio in Italia» (ADI). Non posso escludere che si siano incontrati altre volte, ma per il momento posso dire che si sono incontrati tutte le volte che Ness è venuto in Italia, e tali incontri avvenivano persino nella sede delle “Assemblies of God”, Springfield, MO (almeno una volta su suggerimento dell’allora segretario generale Joseph Roswell Flower e del direttore delle missioni Noel Perkins. Anche loro personaggi molto interessanti per usare un eufemismo su cui i ricercatori dovrebbero indagare perché hanno rivestito un ruolo importante nella creazione del fenomeno «Assemblee di Dio in Italia»).
6. La Conferenza dei Ventuno a Parigi?
I suoi viaggi erano pianificati in ogni minimo dettaglio ed erano tutti intensi e con una agenda fitta. Egli incontrava reali, principi, governanti, vertici militari, e le più alte autorità religiose e tanto tanto altro. Ufficialmente viaggiava come pastore evangelico per predicare, per fondare le ADI e per la libertà religiosa in Europa, ma fu attivo in molto altro. Ad esempio, giusto per citarne una, tornando al suo 2° viaggio – per intenderci a quello famoso del 1947 quando si incontrò con Papa Pio XII e con il rabbino maggiore di Roma e pose le fondamenta per la creazione delle «Assemblee di Dio in Italia» -, si recò a Parigi in quella che il Corriere Bellinzonese definì “Conferenza dei Ventuno” – ovvero delle ventuno potenze che erano uscite vincitrici dal conflitto della II Guerra Mondiale e che si svolse tra il 29 luglio e il 15 ottobre 1946 -, per riferirsi invece alla firma dello strumento di ratifica del «Trattato di pace» che l’allora Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, firmò il 4 settembre 1947, non senza attriti con il Presidente De Gasperi e il ministro degli esteri Sforza. Ora, chiediamoci: Cosa ci va a fare H. Ness a Parigi dove si tengono conferenze internazionali e si firmano trattati che stanno disegnando il mondo del XX secolo? Era anche questa una missione evangelica oppure quella era solo una copertura? Per conto di chi agiva realmente Henry H. Ness?
Coraggio studiosi e ricercatori onesti, mettetevi all’opera!
7. Il primo protestante a mettere piede in Israele
È stato il primo pastore protestante a mettere piede, nel 1948, nel neonato Stato di Israele dove si è recato, peraltro, con un volo speciale riservato solo ed esclusivamente ad ebrei perché ancora non esistevano voli di linea; e così è volato da Roma ad Haifa per poi recarsi in auto a Tel-Aviv scortato da truppe speciali dell’esercito (un po’ come fecero F. Gigliotti e U. Gorietti nell’Aprile del 1947 quando si recarono in Sicilia poco prima della strage di Portella della Ginestra; cfr. The Pentecostal Evangel del 24.05.1947, p.7). Cos’è andato a fare H. Ness in Israele? Con chi si è incontrato? Perché e per conto di chi?
Coraggio studiosi e ricercatori onesti, mettetevi all’opera!
8. L’adulterio e le dimissioni
Fu accusato di aver commesso adulterio con una studentessa molto più giovane di lui, tale Ruth Cox, e per questo nel 1949 gli fu “consigliato” di dare le dimissioni dalla Hollywood Temple (come si chiamava allora la chiesa) e dal Northwest Bible Institute, l’Università che egli aveva fondato e di cambiare città; sebbene si sia cercato di insabbiare pure questa vicenda già allora.
9. L’Ictus
Nel 1950 fu colpito da ictus cerebrale, al seguito del quale sarà sottoposto a un delicato intervento chirurgico alla testa che comunque lo segnerà per il resto della vita sia emotivamente che fisicamente. Da quel momento avrà serissime difficoltà nella predicazione.
Fino ad allora era stato uno dei più attivi, importanti e carismatici predicatori e conferenziere delle “Assemblies of God USA”, ed era proiettato a diventarne il Sovrintendente se non fosse stato colpito da quell’ictus. Per questo motivo non tornerà più in Italia. Infatti il suo ultimo viaggio in Italia avverrà nel 1949 per predicare (malgrado U. Gorietti sapesse dell’adulterio) all’inaugurazione del locale di via dei Bruzi, a Roma, che egli aveva fatto acquistare perché non ho trovato altre conferme sul suo viaggio del 1953 di cui parla l’organo ufficiale delle ADI come ho accennato nel paragrafo 4. Naturalmente un personaggio complesso e poliedrico come H. Ness si spostava anche per altre ragioni, se non altro per conto di chi gli finanziava quei viaggi.
10. Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di Washington
Dopo l’ictus H. Ness sarà sempre meno attivo nella predicazione – pur riuscendo a fare il pastore, per un brevissimo periodo, nella piccola chiesetta di Oakland, CA, quindi più vicino a Frank B. Gigliotti -, ma lavorerà principalmente nell’ambito penitenziario ricoprendo vari incarichi fino a quello di capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dello Stato di Washington.
11. Il cancro
Sarà colpito pure da un cancro al cervello, e nel 1970 si suiciderà sparandosi una revolverata alla tempia. Per quanto le prove del suicidio citate da G. Butindaro nel volume «La massoneria smascherata» pare siano misteriosamente sparite dal web dopo la pubblicazione del suo libro, ne posseggo una cartacea inequivocabile.
12. L’ignominia delle ADI
Tuttavia, malgrado Henry Ness si sia prodigato così tanto per i pentecostali italiani, malgrado abbia fatto giungere una montagna di denaro nelle loro casse e spesso pure nelle loro tasche e malgrado abbia dato vita all’associazione religiosa Assemblee di Dio in Italia (ADI), la notizia della sua morte ignominiosamente non venne data negli organi di stampa di questa organizzazione.
C’è da chiedersi come mai le «Assemblee di Dio in Italia» non abbiano annunciato la morte del loro fondatore. Francamente non mi meraviglio visto che nel 1964 avevano riservato lo stesso infame trattamento persino a Luigi Francescon (sebbene per tutt’altri motivi visto che Francescon costituiva un pericolo per l’organizzazione pure da morto). Si tratta di un dettaglio tutt’altro che secondario e che acquista maggiore rilevanza se si considera che allora vi era, e vi è tutt’oggi, l’usanza di pubblicare i decessi dei pastori (naturalmente quelli che la leadership del momento ritiene opportuni). Pertanto, questo silenzio sulla morte di Henry H. Ness grida forte e rivela la natura vile e omertosa della denominazione. Un silenzio ingrato, così come ingrati sono stati con L. Francescon.
13. Il piano Marshall evangelico e il primo Convegno pastorale a Catania
Il primo a usare questa definizione per riferirsi agli aiuti che gli evangelici americani inviarono agli evangelici d’Europa, fu, nel 1950, il Baron William Fray Von Blomberg. Stiamo parlando di un personaggio particolare e controverso, fraterno amico di Henry Ness, incuneato anch’egli tra circuiti massonici e dei servizi segreti, ma anche importante esponente dell’Ordine dei Cavalieri di Malta (sotto il controllo del Vaticano) che meriterebbe l’attenzione dei ricercatori. Egli fece diversi viaggi in Europa con Henry H. Ness. Qui ne voglio citare qualcuno poiché insieme visitarono alcune chiese pentecostali italiane, e, nell’agosto del 1948, parteciparono al 1° Convegno pastorale delle neocostituite ADI che erano, sì, nate nell’agosto 1947 ma si erano potute costituire legalmente come associazione solo il 22 maggio 1948 presso lo studio notarile di Carmelo Schillaci, a Roma, perché la Costituzione italiana era entrata in vigore il 1° Gennaio 1948. Perciò il primo Convegno pastorale ufficiale delle Assemblee di Dio in Italia, legalmente costituite, è quello di Catania del 1948. E la scelta non fu casuale perché proprio a Catania, H. Ness avrebbe acquistato un vecchio deposito che spesso fungeva da stalla che sarebbe stata ristrutturata e trasformata a locale di culto. Stiamo parlando dello storico locale di via Juvara 46 in cui i pentecostali locali si riuniranno per circa quarant’anni, e dove H. Ness, durante i lavori di restauro e adattamento, ci tenne a porvi, proprio al centro della sala, la propria firma massonica.
Esattamente al centro della sala, vi pose il simbolo massonico della stella a otto punte. Simbolo che “casualmente” a distanza di molti decenni sarà riproposto (insieme ad altri simboli) pure nel nuovo e attuale locale di via Susanna 82, a testimonianza dello stretto legame tra esponenti pentecostali locali e apparati massonici legati all’esoterismo.
È interessante considerare la zona scelta per il locale di culto: Via Juvara 46, ossia nel popolare quartiere di San Cristoforo. Ho conosciuto quel locale nel 1984, appena quindicenne, perché Catania è la mia città, quando venni a contatto con i pentecostali. San Cristoforo è un quartiere ad alta densità criminale e lo era ancora di più nel dopoguerra. Stiamo parlando di un quartiere con un alto tasso di criminalità che per decenni è stata la culla di mafiosi. Il noto boss di “Cosa Nostra” Bendetto (Nitto) Santapaola è cresciuto in questo quartiere, ed è proprio in questo quartiere che ha iniziato la sua scalata criminale. E tutti gli abitanti di Catania sanno bene che in quel quartiere non si apriva nulla, nemmeno una bancarella della frutta, senza il consenso della Mafia. Come mai la Mafia acconsentì che si aprisse un locale pentecostale proprio lì? È possibile che entità superiori alla Mafia stessa, ad esempio massoneria e servizi segreti, abbiano ordinato alla Mafia di non disturbare i pentecostali visto e considerato i legami stretti tra queste entità? Quanto al simbolo massonico della stella a otto punte è possibile che sia stata messa anche per questo? Ho conosciuto i credenti di Catania negli anni ’80 del secolo scorso, e già allora questa chiesa era composta in gran parte da persone semplici con un livello di istruzione medio-basso, per cui è facile immaginare come potesse essere nel dopoguerra quando in tutta Italia il tasso di analfabetismo era più alto. Quale credente pentecostale di Catania poteva avere interesse a mettere un simbolo massonico nel locale di culto? E cosa potevano sapere di massoneria quei semplici credenti se nel dopoguerra a mala pena sapevano leggere e scrivere? È evidente che quella stella massonica poteva metterla solo chi possedeva “conoscenze esoteriche” e aveva l’autorità legale per farlo. Quel simbolo esoterico-massonico lo fece mettere proprio H. Ness. Peraltro, egli aveva l’autorità legale di decidere visto che il locale era di proprietà delle Assemblee di Dio americane che inizialmente l’avevano dato in comodato d’uso ai pentecostali italiani. Ora, calandoci nel contesto culturale, soprattutto di quel periodo, chiediamoci: Come mai la Mafia non creò mai alcun tipo di problema alla Chiesa di Catania delle “Assemblee di Dio”? Anzi, quelle rare volte che la micro criminalità ha provato a infastidirla è stata subito fermata, ma non dalle Forze dell’Ordine come mi raccontavano esponenti anziani negli anni ’80. Alla micro criminalità venne imposto di non importunare i pentecostali. La mia domanda è: Chi? E perché?
Dopo questa parentesi sul locale di culto di Catania, torniamo al primo Convegno Pastorale delle ADI. Il predicatore ospite ufficiale è proprio Henry H. Ness che si fece accompagnare dal Baron Von Blomberg di cui non si è certi nemmeno della sua reale conversione a Cristo. Va notato che non c’è più traccia di L. Francescon, malgrado fosse ancora in vita. E sparisce pure Nicola Di Gregorio che fino al 1946 aveva partecipato al convegno. Il protagonista principale del pentecostalismo italiano, Luigi Francescon, esce definitivamente di scena dalla storia pentecostale italiana e non farà recapitare nemmeno una lettera di saluti. D’altra parte, non poteva essere altrimenti visto che ormai i pentecostali italiani si erano venduti per una minestra di lenticchie agli agenti dei servizi segreti americani. E che salto che avevano fatto! Erano passati da L. Francescon. G. Lombardi e N. Di Gregorio al Baron Von Blomberg, F. Gigliotti ed H. Ness. Quella di Baron Von Blomberg, però, è un’altra storia che merita di essere approfondita a parte.
Tuttavia i culti serali di questo 1° Convegno ufficiale delle ADI si terranno presso il tempio della Chiesa Valdese messo gentilmente a disposizione. La chiesa Valdese di Catania aveva conosciuto un periodo florido negli anni ’40 raggiungendo il numero di circa 230 membri comunicanti. Tuttavia, durante il conflitto mondiale avevano interrotto i culti che avevano ripreso solo nel 1946 ma con qualche difficoltà perché diversi fedeli non fecero più ritorno. Va precisato che fino a quel momento non vi era stato alcun tipo di rapporto tra i pentecostali e i valdesi; anche perché questi ultimi temevano i pentecostali per il loro proselitismo agguerrito per cui li consideravano settari. Quindi, c’è da chiedersi come mai i valdesi non solo cambiano atteggiamento ma poi, addirittura, cedono il proprio locale di culto. Non solo, ma, malgrado fossero anti pentecostali e impregnati di teologia liberale, addirittura invitano Henry H. Ness a predicare una domenica mattina.
La verità è che Henry Ness stava facendo a Catania quello che già aveva fatto a Roma e a Napoli. Essendo le Assemblee di Dio in Italia una sua creatura, stava cercando di emanciparle provando a creare legami con le chiese protestanti storiche che fino a quel momento li avevano snobbati e talvolta persino perseguitati. Ed Henry H. Ness lo fa avvalendosi dei suoi contatti massonici.
Il pastore della chiesa Valdese di Catania era l’allora giovane, poco più che trentenne, Enrico Corsani (1914-2000) da non confondere con l’omonimo pastore deceduto nel 1958 che era il nonno. Enrico Corsani era cugino del più noto studioso Bruno Corsani (1924-2008) ed era appena giunto da Riesi (Caltanissetta) dove aveva collaborato con le truppe alleate facendo da interprete per il Tenente Simonelli nominato dal comando americano “sindaco pro tempore” di Riesi il quale pur avendo origini italiane non parlava la lingua. Il giovane E. Corsani era appena giunto a Catania con il non facile compito di sostituire l’estroverso intellettuale e teologo Teodoro Balma (1917-1994).
C’è la mano di Henry H. Ness nell’organizzazione di quel Convegno pastorale. Come ha potuto Ness avere un ruolo nell’organizzazione di questo convegno se egli era negli Stati Uniti e allora le comunicazioni non erano semplici come oggi? E qui entra in scena un altro personaggio.
Il ponte di collegamento tra Henry Ness e questi pastori Valdesi che addirittura metteranno a disposizione il locale di culto per la conferenza pastorale pentecostale, fu il Dott. Marcello Mochi. Il Dott. Marcello Mochi era un valdese, anche lui massone, ed era amico del pastore Teodoro Balma. Il Dott. Mochi era un un diplomatico e proprio nel Febbraio del 1947 era stato inviato a Seattle (proprio la città in cui viveva H. Ness) come vice console. I due strinsero da subito un’amicizia fraterna al punto da frequentarsi pure con le rispettive famiglie. Dopo Seattle, il Dott. Mochi sarà nominato Console italiano a Calcutta (India) considerato che l’India stava vivendo una transizione dal colonialismo britannico alla sua “indipendenza”. Va detto, per inciso, che il valdese Marcello Mochi era stato un medico e prima di passare al servizio diplomatico e durante la seconda guerra mondiale, era stato al libro paga dei servizi segreti tedeschi. Oh quanto vi sarebbe da raccontare sulla storia pentecostale.
Alcune domande di riflessione
Come già specificato, ma ci tengo a ribadirlo, i tredici paragrafi di prima non costituiscono una biografia completa su Henry H. Ness, perché mi sono limitato a dare quelle notizie inedite di cui fino adesso nessuno ha parlato, nemmeno negli Stati Uniti. E lo sto facendo per stimolare la ricerca degli studiosi seri fornendo pure, perché no, delle indicazioni. Naturalmente vi è molto di più da dire sulla eclettica e complessa personalità di Henry Ness. Altre notizie (poche per la verità) si possono reperire negli articoli del Dott. Francesco Toppi, storico presidente delle ADI, e negli archivi delle Assemblee di Dio americane come ad esempio i suoi viaggi e la sua presenza all’inaugurazione del locale di via dei Bruzi 9-11, Roma, che diventerà la sede nazionale della denominazione creata, appunto, dallo stesso Henry Ness.
Adesso, però, è il momento di porci delle domande di riflessione:
- Com’è possibile che in così breve tempo, circa un anno, i pentecostali italiani siano passati così rapidamente e così facilmente dall’inamovibile antidenominazionalismo dei loro pionieri fondatori, ma illetterati e senza troppe risorse economiche, come L. Francescon, G. Lombardi, P. Ottolini, L. Menna e N. Di Gregorio, a questi architetti e costruttori di denominazioni, “laureati”, pieni di soldi (da dove provenivano?) e con “amicizie” internazionali importanti, al punto da sedersi con i “potenti della terra”, come Baron William Fray Von Blomberg, Henry Hamilton Ness, Fank Bruno Gigliotti, Charles Fama, Patrick J. Zaccara, Francis J. Panetta, ecc. ecc.?
- Com’è possibile che i pentecostali italiani, che fino a quel momento erano rimati saldi alle proprie radici al punto da combattere strenuamente per la fede trasmessa e resistere e superare persino la persecuzione del regime fascista (Giuda 3), abbiano poi ceduto così facilmente alle adulazioni di questi “predicatori” americani, rinnegando quegli stessi principi di fede per cui erano stati disposti persino a subire la persecuzione?
- Com’è possibile che così velocemente abbiano abbandonato il tenace anti-denominazionalismo, ereditato dai pionieri L. Francescon e William H. Durham per prostituirsi al denominazionalismo? Com’è possibile che tutto ciò sia avvenuto con una rapidità tale che ha dell’inverosimile?
- E come mai L. Francescon non partecipò al convegno pentecostale del 1946 ma si limitò a mandare N. Di Gregorio? F. Toppi ha scritto che L. Francescon non venne in Italia per motivi di salute, però appare perlomeno singolare che nello stesso periodo il “debole e malato” Francescon viaggiasse serenamente facendo avanti indietro tra Stati Uniti e Brasile, non pensate?
- E come mai L. Francescon non volle sapere più nulla dei pentecostali d’Italia? Come mai già dal Convegno di Catania del 1948 escono completamente di scena L. Francescon, N. Di Gregorio e tutti i protagonisti del pentecostalismo italiano di Chicago?
- Perché L. Francescon non rispose mai alle lettere che U.N. Gorietti gli scrisse, quasi a volersi scusare per la nascita delle ADI? (una lettera presente negli archivi ADI e che va analizzata molto attentamente in ogni sua riga).
- E come mai nel 1958 (quindi undici anni dopo la nascita delle ADI) quando l’allora trentenne F. Toppi, trovandosi negli USA per raccoliere fondi per la costruzione dell’Istituto Biblico Italiano, passò da Chicago perché voleva incontrare L. Francescon, non gli venne concesso da N. Di Gregorio? N. Di Gregorio era l’Anziano che era stato inviato da Francescon nel 1947 in Italia e che lo aveva sostituito alla giuda della comunità pentecostale di Chicago. Toppi, anni dopo, scriverà su Cristinani Oggi che N. Di Gregorio gli abbia risposto che L. Francescon era fermo nelle sue posizioni antidenominazionali e data l’età sarebbe stato meglio non turbarlo. Vi sembra una spiegazione plausibile sopratutto alla luce del fatto che Francescon in Brasile aveva creato una struttura organizzativa ben più imponente di quella delle ADI? Toppi ha detto tutto? Eppure Toppi stesso scriverà che aveva insistito parecchio per incontrare L. Francescon. Perché Toppi insistette per incontrare Francescon? Che genere di messaggio doveva dare o ricevere? E perché N. Di Gregorio si ostinò a negarglielo? Non solo, ma perché L. Francescon poteva essere turbato dalla visita di F. Toppi? (lo scrisse lo stesso Toppi sulla rivista “Cristiani Oggi”).
Sono queste le domande a cui gli storici seri dovrebbero rispondere, insieme a molte altre che ho sollevato nell’articolo.
Era impossibile per i pionieri pentecostali italiani come L. Francescon e G. Lombardi competere con questi personaggi americani, anche perché, com’è noto, nell’immaginario collettivo dell’italiano medio di allora era diffuso il «mito americano» – alimentato da film e media oltre che dal fatto che gli Stati Uniti avessero vinto la guerra -, mentre i pionieri pentecostali provenivano, sì, dagli Stati Uniti ma possedevano poca istruzione, erano digiuni di studi teologici e non parlavano bene né l’inglese né l’italiano.
Diciamolo pure: La nascita delle ADI non è stata così lineare come viene raccontata. Tutt’altro! La nascita delle ADI è fatta di intrecci, di sotterfugi, di scambi epistolari segreti, come ad esempio quelli tra E. Rustici e le Assemblies of God quando il conflitto della II guerra mondiale era ancora in corso. È una storia fatta di intrighi internazionali, di intrecci con personaggi legati alla massoneria e ai servizi segreti. Sono ancora tanti i documenti che non sono saltati fuori. Oppure c’è qualcuno che pensa realmente che Henry H. Ness sia piombato in Italia dal cielo, all’improvviso? Lo stesso dicasi per Frank Gigliotti, Charles Fama, Baron William Fray Von Blomberg, Patrick J. Zaccara, Francis J. Panetta, H. Parli, ecc. ecc. Da dove sono sbucati tutti questi personaggi in Italia?
Ecco, in questo contesto si inseriscono i consistenti aiuti economici che Henry H. Ness (Nesh) fece arrivare in Italia; aiuti economici che gli spianarono la strada nei “cuori di alcuni conduttori pentecostali”, conduttori scientificamente selezionati e scelti per il loro ruolo chiave sul territorio. Sto parlando di V. Federico e R. Di Palermo in Sicilia, S. Anastasio in Campania e sud Italia e U. Gorietti e R. Bracco a Roma, perché capitale e centro del potere con la presenza delle ambasciate e del Vaticano. Se vi dicessi che anche alcuni di questi pentecostali italiani furono legati alla massoneria?
Ad ogni modo è così che nascono le chiese ADI, altro che le favolette che ci raccontano da decenni. Senza questi personaggi e senza il fiume di denaro che Ness fece confluire nelle casse dei pentecostali italiani (talvolta anche nelle tasche dei conduttori chiave) probabilmente le chiese ADI non sarebbero mai nate perché il sentimento congregazionalista e antidenominazionalista era ancora forte e ben radicato; molto di più di quanto lo fosse tra i pentecostali americani. Anche perché, c’è da dire, che i pentecostali italiani di allora ignoravano i legami con il protestantesimo e credevano di essere entrati direttamente in contatto con il Cristianesimo apostolico, scavalcando duemila anni di storia. Per quanto possa sembrare strano questo è quello che veniva in qualche modo diffuso. Io stesso ho creduto, appena quindicenne, a questa sciocchezza che era alimentata dalle conversazioni che avevo con diversi responsabili di allora, persino pastori, quando non esisteva internet e i media non si occupavano come oggi del fenomeno pentecostale. Allora, infatti, eravamo in tanti a pensarla così, anche perché questa era la favoletta che veniva fatta circolare tra i neofiti. Anch’io sono stato ingannato.
Senza questi personaggi e senza il fiume di denaro che H. Ness fece confluire nelle casse (e talvolta anche nelle tasche di alcuni conduttori chiave) dei pentecostali italiani le ADI non sarebbero mai nate.
In linea con tutto questo che io definisco «colonizzazione americana» (una forma di “occupazione” in perfetta sinergia con quanto accadeva nella storia d’Italia), H. Ness invitò due ragazze italiane a studiare al Northwest Bible Institute, l’Università che egli aveva fondato facendosi carico delle spese. Si chiamavano Yvonne (Ivana) Altura e Maria Arcangeli, la prima quasi sconosciuta ai pentecostali italiani ma che diventerà addirittura una delle docenti della scuola biblica fondata da H. Ness.
Inoltre, fece arrivare una montagna di denaro e aiuti di vario genere, tali da riuscire a persuadere alcuni “pentecostali” italiani come V. Federico, R. Bracco, U. Gorietti e i suoi fedelissimi amici e colleghi di business nel settore delle calzature come A. Pagano, S. Anastasio e A. Melluso, a voltare le spalle a L. Francescon e agli altri pionieri per passare dalla sua parte.
Gorietti è legato a rapporti di lavoro agli artigiani di Napoli. Sono proprio gli artigiani di Napoli che gli pagano lo stipendio, per cui Henry H. Ness è consapevole del ruolo basilare che giocano gli artigiani pentecostali di Napoli proprio perché chi ha il denaro controlla. E questi erano proprio i calzolai di Napoli che allora pagavano lo stipendio a Gorietti. In seguito saranno tutti riempiti di soldi e allora Gorietti si aprirà un proprio negozio in pieno centro di Roma e i Melluso diventeranno degli industriali. Ma di questo vi parlerò dopo.
Henry H. Ness era consapevole del ruolo centrale che giocavano i calzolai di Napoli se voleva creare le Assemblee di Dio in Italia per cui doveva dare qualcosa se voleva avere dei referenti in Italia, ma cosa?
In ogni caso, è così che si consuma quello che qualcuno ha già definito un “tradimento storico e teologico dei pionieri pentecostali”. Dalla storiografia recente è chiaro che si trattò di una congiura alle spalle dei pionieri italiani.
Gli investimenti americani in Italia
Fu sempre Henry H. Ness a far giungere un fiume di denaro ai pentecostali italiani. In modo particolare acquistò i locali di culto di Roma, Via dei Bruzi 9-11 ($25.000) e Catania, Via Juvara 46 ($13.000). Edifici che inizialmente furono di proprietà delle Assemblies of God USA che ne concessero l’utilizzo a titolo gratuito ai pentecostali italiani e solo successivamente furono donati alle “Assemblee di Dio in Italia” (ADI) quando riuscirono a ottenere il riconoscimento giuridico come Ente Morale.
Vi sarebbe da parlare anche di Napoli, perché vale la pena ricordare che le vicende della nota azienda di calzature Melluso s’incrociano con quelle della storia d’Italia e delle “Assemblee di Dio in Italia”, soprattutto nelle loro fasi iniziali. L’azienda dei cognati Melluso-Anastasio nasce in modo umile tra gli artigiani di scarpe del Rione Sanità inizialmente creata dall’allora diciassettenne Alfonso Melluso e dalla sua giovane e carismatica zia Addolorata Anastasio, la sorella più giovane di Salvatore Anastasio (1904-1984), nel 1945, proprio quando, casualmente, si muovono i primi passi per l’organizzazione pentecostale che da lì a poco avrebbe preso il nome di “Assemblee di Dio in Italia”. Ed è proprio questa azienda che “casualmente” ospiterà diversi convegni pastorali nazionali fondamentali per la storia delle “Assemblee di Dio in Italia”, a partire proprio dall’Assemblea costitutiva del 1946, del 1947, poi quella del 1950 con la creazione del primo “Consiglio Generale delle Chiese” in sostituzione del “Comitato Esecutivo”, fino all’Assemblea Generale del 1978 in cui viene eletto presidente Francesco Toppi al posto di suo “zio” Umberto N. Gorietti (zio della madre Gina Gorietti) e si approva lo Statuto annotato e il Regolamento Interno alle ADI e gli argomenti da inserire nell’Intesa con lo Stato visto che l’anno prima l’allora presidente del Consiglio dei Ministri Giulio Andreotti aveva risposto positivamente alla possibilità di aprire le trattative per la stipula di un’Intesa con le ADI(nota 5). V’è un dettaglio non secondario che va detto in questo contesto, ed è che il papà del Nostro, Hans Ness, era anche lui casualmente un artigiano di scarpe. Hans Ness, aveva la bottega a poche decine di metri dal Palazzo Reale di Oslo e produceva scarpe su misura per l’aristocrazia norvegese, inclusa la famiglia reale di Norvegia. Quindi Henry H. Ness, pur avendo un baccalaureato in farmacologia e avendo lavorato per la Standard & Oil della potentissima famiglia sionista, di Cazari aschenaziti,(nota 4 bis) dei Rockefeller (associata con i Rothschild, i Warburg, i Morgan, ecc. nella creazione del fenomeno Hitler in Germania e in stretti legami con i Gesuiti), vi capiva qualcosa di questa professione. Una professione a cui era affezionato e a cui erano legati i ricordi della sua infanzia, per cui quando incontrò Anastasio e Melluso inevitabilmente riaffiorarono tanti ricordi e chissà che non sia stato egli stesso a consigliare ai calzolai napoletani di fare il salto di qualità dedicandosi a produrre calzature per le famiglie aristocratiche. Ecco, la storia pentecostale del dopoguerra è correlata da tutta una lunga serie di strane e incredibili “coincidenze”.
1. Napoli e l’azienda Melluso
Il patriarca della famiglia e fondatore, insieme ad Addolorata Anastasio, della nota azienda, Alfonso Melluso, era casualmente primo nipote di Salvatore Anastasio che casualmente era amico e datore di lavoro di colui che diventerà il primo presidente delle ADI, Umberto N. Gorietti, che casualmente faceva l’agente di commercio di calzature per donna nella città di Roma per conto della fabbrica di S. Anastasio da cui riceveva lo stipendio.
E Umberto N. Gorietti, sempre casualmente, era molto amico sia di Frank Gigliotti che di Henry Ness il cui padre, sempre casualmente, era calzolaio. Alfonso Melluso sarà iniziato sia alla fede pentecostale che all’imprenditoria casualmente proprio da S. Anastasio che, sempre casualmente, nel 1952 vincerà un viaggio negli Stati Uniti per un concorso indetto dalla nota casa cinematografica americana Metro Goldwyn Mayer e dalla compagnia aerea olandese KLM per la miglior vetrina di calzature commerciale d’Italia. I lettori attenti avranno notato che parlo di iniziazione alla fede pentecostale e non di “conversione”, e la terminologia non è casuale soprattutto in questo specifico caso.
Pertanto, l’allora giovane A. Melluso era vicino anche al primo presidente ADI Umberto N. Gorietti, sia per ragioni di lavoro che di fede, e casualmente conobbe i personaggi nominati in questo articolo. Ed è proprio in questo periodo che, sempre casualmente, capisce quanto sia importante integrare la lavorazione artigianale delle calzature con le nascenti tecnologie industriali fino a trasformare una piccola bottega a conduzione familiare in una delle realtà imprenditoriali più importanti del panorama industriale italiano.
Ecco, la storia pentecostale del dopoguerra è correlata da tutta una serie di incredibili coincidenze. In questo caso si evidenzia come l’arrivo a Napoli di Henry H. Ness coincida, sempre casualmente, non solo con la nascita delle “Assemblee di Dio in Italia” (nel 1947) e relativo investimento di cospicue somme di denaro per l’acquisto di immobili a Roma e Catania (nel 1948), ma anche con la svolta dell’allora piccolissima fabbrica a conduzione familiare dell’azienda “Melluso-Anastasio” perché proprio nel 1948, in concomitanza con l’arrivo di Ness a Napoli, investirà notevoli somme di denaro di cui non si conosce la provenienza per l’acquisto dei primi macchinari con le nascenti tecnologie industriali che le consentiranno di fare “il salto” aumentando la produzione, abbattendo i costi e trasformando una mini azienda familiare in una delle realtà imprenditoriali più importanti del panorama industriale italiano nel settore delle calzature. Ma non è tutto, perché sempre in questo periodo la sede dell’Azienda si trasferirà da un angusto sottoscala a un ampio e lussuoso immobile che consentirà di sistemare i costosissimi macchinari di nuova generazione che avrebbero consentito alla piccolissima azienda familiare di diventare un’industria internazionale. L’azienda si trasferisce, per la precisione, in un ex convento, cambiando pure zona. Non più nel popolare rione sanità, ma nel ricco quartiere di Capodimonte. Insomma, bisogna riconoscere che l’arrivo di Henry Ness, figlio di calzolaio, portò molta “fortuna” all’azienda Melluso.
Va detto, per inciso, che questo ex convento ha avuto per molti anni, sempre casualmente, una duplice funzione: quella di sede della nota azienda Melluso e quella di sede della comunità pentecostale ADI di Napoli, oltre che fungere da residenza della famiglia Pasquale Melluso (papà di Alfonso e cognato di S. Anastasio). Strane coincidenze, non è vero? Mi domando se furono le condizioni poste da Henry H. Ness ai calzolai pentecostali napoletani che ne avrebbero assunto la leadership in cambio di qualcosa. Ad ogni modo, stiamo parlando di una fabbrica dove per molti anni di giorno si costruivano bellissime calzature d’eccellenza (così come faceva in Norvegia il padre di Henry Ness) e poi a una certa ora, quando l’azienda chiudeva, si spostavano alcuni macchinari per svolgere le funzioni pentecostali. Insomma quello che voglio dire è che non è possibile scindere la storia delle “Assemblee di Dio in Italia”, soprattutto delle origini, da quella di queste aziende come è costretto ad ammettere persino A. Iovino quando scrive: “La Vitulli insieme alla Starlet, alla Melluso e alla D’Alessandro sono state aziende che non solo hanno scritto pagine significative della storia delle calzature in Italia, ma anche del movimento pentecostale”(nota 6). La sensazione è che con questa frase Iovino stia lanciando un messaggio a più destinatari, sia all’interno che all’esterno del pentecostalismo, reclamanado una certa paternità che alcuni potrebbero tendere a dimenticare..
Tuttavia, il 10 agosto 2021 è accaduto qualcosa di inaspettato che corregge questa versione. Beniamino Salvino, figlio di Addolorata Anastasio, ha lasciato un commento sul profilo facebook di A. Iovino in cui lo accusa di mistificare i fatti storici che racconta. La testimonianza Beniamino Salvino costituisce una fonte primaria perché testimone diretto di questi fatti, pure se allora era bambino, e per averle ascoltato i racconti della madre e degli zii.
Secondo il figlio di Addolorata Anastasio, in realtà Alfonso Melluso era piuttosto infastidito della presenza dei pentecostali in azienda al punto che a un certo punto avrebbe evitato di farli venire. Beniamino Salvino, aggiunge che le prime riunioni pentecostali di Napoli si svolgevano presso le tre abitazioni dei fratelli Anastasio, e cioè: Salvatore Anastasio, Giovanna Anastasio e Maddalena Anastasio. Se le cose stanno come dice il figlio di Addolorata Anastasio, A. Iovino mente continuando la tradizione tutta pentecostale che privilegia la narrazione agiografica e fiabesca piuttosto che una ricerca scientifica sincera e onesta. Ad ogni modo uno dei due mente: mente A. Iovino o mente B. Salvino? E perché uno dei due deve mentire su delle vicende che, tutto sommato, a prima vista potrebbero sembrare irrilevanti? Prendiamo atto che A. Iovino dopo pochi minuti cancellò quel commento dal suo profilo facendolo sparire. Qualcuno, però, ha fatto in tempo a scattare lo screenshot che alleghiamo.
2. Riflessioni
Naturalmente quei $38.000 dollari (quelli ufficiali) fatti giungere da Henry H. Ness per l’acquisto dei locali di culto di Roma e Catania rappresentavano un investimento importante da parte degli americani con un potere di acquisto che, rapportato a oggi, superava abbondantemente il milione e mezzo di euro (€ 1.500.000). Fu questa la somma di cui si ha traccia investita dagli americani per convincere i pentecostali italiani – più specificamente i leader di Roma e siciliani (e per convincere i napoletani?) -, a tradire i pionieri Francescon, Lombardi, Ottolini, ecc. per farli passare dalla loro parte. La Sicilia e la Campania erano, e lo sono ancora, le regioni con la più alta densità di pentecostali. Perciò ci si chiede se i napoletani, a differenza dei siciliani e dei romani, siano stati convinti dallo Spirito Santo ad aderire alla nascente organizzazione religiosa senza pretendere nulla in cambio oppure Ness abbia riservato qualche “aiutino” un po’ più particolare per loro, sopratutto in virtù delle amicizie che questi aveva con la potente famiglia dei Rockefeller. Eppure gli unici pentecostali italiani che allora potevano avere una qualche pretesa imprenditoriale si trovavano proprio a Napoli, ed erano Melluso e Anastasio. Ed essi erano impegnati, guarda caso, proprio nel settore tanto caro ad Henry H. Ness perché gli ricordava la sua infanzia. Infatti, Hans Ness, il papà di Henry, a Oslo aveva fatto il calzolaio di lusso, producendo scarpe personalizzate per l’aristocrazia norvegese. Tra i suoi clienti vi era la famiglia di Haakon VII, salito al trono nel 1905 come primo re di Norvegia dopo la separazione con la Svezia.Quindi Henry H. Ness, pur avendo un baccalaureato in scienze farmaceutiche e avendo lavorato per la “Standard & Oil” della potente famiglia sionista aschenazita dei Rockfeller (associata con i Rothschild e i Warburg nella creazione del fenomeno Hitler in Germania e in stretti legami con i Gesuiti), possedeva già un’infarinatura di questa professione a cui era, per ovvie ragioni, affezionato. Si capisce, quindi, come non sia difficile immaginare l’emozione che deve aver provato Henry H. Ness quando ha scoperto che il nucleo pentecostale di Napoli era composto in gran parte da una piccola azienda familiare di calzolai.
Ad ogni modo, tornando alla cifra investita in Italia, va specificato che i calcoli citati sono stati fatti per difetto perché ho voluto mantenermi basso. In effetti, se vogliamo dirla tutta, secondo le fonti consultate il potere d’acquisto può essere tranquillamente l’equivalente di tre milioni di euro di oggi(nota 7). Attenzione al termine usato. Ho usato la parola «INVESTIMENTO» e non «donazione» o «prestito», perché è questo il termine che venne ufficialmente messo per iscritto, nero su bianco, dai pentecostali colonizzatori americani. Anche questo costituisce un dettaglio tutt’altro che secondario, perché tecnicamente un investimento deve portare degli utili, trasformando la somma investita in capitale. Ed è qui che sorgono altre domande:
- Cosa ci hanno guadagnato le Assemblies of God americane in questa operazione per creare le “Assemblee di Dio in Italia”?
- Le Assemblies of God americane sono state le uniche a guadagnarci?
- Non solo, ma quel denaro da dove proveniva effettivamente visto che Henry H. Ness in quel periodo non navigasse nell’oro come provano sia una corrispondenza che la consultazione dei libri contabili dell’Università da lui fondata, entrambe in mio possesso? Perché in base a questa risposta possiamo capire chi e perché vi guadagnò in questa operazione.
- Chi sono i veri proprietari delle Assemblee di Dio in Italia (ADI) ?
- A quale entità superiore risponde il “Consiglio Generale delle Chiese”, anche se vi fosse una sola persona quale referente di poteri superiori che non sono nemmeno evangelici?
La cosa certa è che un investimento di questa entità non poteva essere ricambiato con un semplice “Grazie. Dio vi benedica!”, per cui è naturale che i pentecostali italiani avrebbero dovuto dare qualcosa in cambio. Ma cosa? Ed è qui che la storia del pentecostalismo italiano si fa ancora più interessante.
Lo ripeto: quella montagna di denaro da dove proveniva? Che tipo di rapporti intratteneva Henry H. Ness con Frank B. Gigliotti, i servizi segreti, le massonerie P1 e P2 o addirittura il potente boss mafioso Lucky Luciano, amico dello stesso Frank B. Gigliotti? Mi sembra più che lecito porsi queste domande.
Il potente boss mafioso Lucky Luciano, non va dimenticato, proprio in quei giorni, veniva estradato dagli USA e – sebbene fosse originario della Sicilia -, si trasferiva, guarda caso, proprio a Napoli dove intanto si stabilivano delle importanti basi militari americane e della NATO, ancora oggi presenti, e dove risiede il vero quartier generale del pentecostalismo italiano che non è mai stato a Roma, via dei Bruzi.
Lucky Luciano – che secondo molti ricercatori pare fosse diventato un agente della CIA -, va ad abitare in una lussuosa casa al Vomero. Oggi il Vomero è una congestionata zona residenziale e commerciale con un’alta densità abitativa, ma a quel tempo era un quartiere ameno, ricco ed agiato, sede di tanti villini in stile Liberty. Il potente massone e capo delle mafie italiane e americane a cui gli si riconosce il “merito” di avere creato la famosa commissione di Cosa Nostra (la “Cupola”), morirà, colpito da infarto, nel 1962 proprio nella città di Napoli, quindici anni dopo quel convegno, tenutosi sempre a Napoli, che aveva dato vita alle Assemblee di Dio in Italia. In effetti, guarda caso, i Convegni Nazionali fondamentali della storia delle Assemblee di Dio in Italia si sono sempre tenuti a Napoli dove, sempre guarda caso, vi è la sede dell’azienda Melluso che pare non abbia mai avuto problemi con la camorra e le mafie in genere, e che nei primi anni dalla nascita della propria azienda mise a disposizione i propri locali per i convegni nazionali. Come mai? Si tratta sempre di coincidenze?
Durante il suo lungo soggiorno a Napoli, Lucky Luciano venne mai a contatto con i pentecostali oppure anche lui come L. Gelli, secondo le parole di Alessandro Iovino, non li conosceva affatto e non sapeva nemmeno chi fossero addirittura gli evangelici? Si prega per favore di non ridere, pure se riconosco che è difficile, perché questa immensa sciocchezza l’autoproclamato «esperto di storia pentecostale» Alessandro Iovino (guarda caso nipote di A. Melluso e S. Anastasio e che ha sposato una Melluso) l’ha detta veramente com’è possibile ascoltare in questo video dal min. 10:00 al min. 11:00.
Inutile dire che si tratta di un’offesa all’intelligenza oltre che alla memoria stessa di L. Gelli. È immaginabile che una persona del calibro di L. Gelli con contatti internazionali di altissimo livello, con ramificazioni con i servizi segreti di mezzo mondo, per non parlare dei suoi provati contatti con evangelici a partire da quelli con i pastori Charles Fama e Frank B. Gigliotti della loggia P2 non sapesse addirittura nemmeno chi fossero gli evangelici? Un’immensa sciocchezza che peraltro è smentita dalla stessa Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2 presieduta dall’allora On. Tina Anselmi il quale dimostra che non solo L. Gelli conoscesse molto bene gli evangelici, ma vi facesse affari con loro essendo stato reclutato proprio da Frank B. Gigliotti che A. Iovino, mentendo spudoratamente, nega. [QUI], [QUI] e [QUI]
D’altra parte, in che modo L. Gelli avrebbe mai potuto essere il «burattinaio d’Italia» – per usare il titolo che A. Iovino ha voluto dare al “suo” libro su Gelli (io non credo affatto che Gelli fosse il burattinaio ma semmai un utile burattino di poteri sovranazionali) -, se poi aveva gravi lacune di questo genere? Siamo di fronte ai Misteri della fede pentecostalese o evangelichese se preferite. È più facile credere a Babbo Natale e a Batman che ad una baggianata di tale portata. Mi sono spesso domandato il motivo per cui A. Iovino abbia detto questa immensa sciocchezza e mi sono spesso chiesto: ma «ci è o ci fa» o, se preferite, è un’analfabeta funzionale oppure è in mala fede? Sinceramente non l’ho capito. E mi sono pure domandato se queste uscite maldestre di Iovino siano sue oppure gli siano state suggerite.
Che Lucky Luciano e la Mafia siciliana ebbero un ruolo importante nello sbarco degli Alleati in Sicilia nel 1943, è lapalissiano. Così com’è certo e documentato che la cerniera tra questi due mondi furono la massoneria e i servizi segreti. E di come tutto ciò s’incrocia con la nascita delle «Assemblee di Dio in Italia» se ne parla nella pagina dal titolo: “1943-1946: Sbarco degli “Alleati” e fine della persecuzione”.
3. Le Assemblee Generali delle «Assemblee di Dio in Italia»
Una piccola parentesi va dedicata alle vicende connesse ai Convegni nazionali amministrativi delle Assemblee di Dio in Italia (ADI) che successivamente, a norma di Statuto, assumeranno il nome di «Assemblee Generali». Se si vanno a studiare uno per uno questi convegni, si scoprirà che tutti quelli fondamentali per le Assemblee di Dio in Italia, quelli in cui sono state prese decisioni di importanza storica per la denominazione ADI, non si sono tenuti a Roma, come qualcuno potrebbe pensare, ma sempre e solo a Napoli. E questo è accaduto pure durante le prime due presidenze romane, quelle di Umberto N. Gorietti e Francesco Toppi.
Si tratta sempre di coincidenze oppure dobbiamo pensare che il vero centro direzionale delle ADI in realtà sia sempre stato a Napoli? Vediamo qualche esempio:
- Il Convegno o Assemblea generale del 1946 a cui partecipa Henry H. Ness si tenne a Napoli. Ed è questa la data (28 settembre – 1 agosto) quando Henry Ness incontrerà personalmente, per la prima volta, i calzolai pentecostali napoletani Melluso e Anastasio, ma avevano comunque già conosciuto l’anno prima il referente di Ness, il pastore Herman Parli che aveva già parlato di loro a Ness.
- Il Convegno o Assemblea generale del 1947 in cui si costituiscono le «Assemblee di Dio in Italia», si tenne a Napoli.
- L’Assemblea Generale del 1950 in cui nasce il «Consiglio Generale delle Chiese», in sostituzione del Comitato Esecutivo, si tenne a Napoli.
- L’Assemblea Generale del 1957 in cui furono trattati importanti argomenti a carattere strutturale come quello di creare una forma assicurativa e di previdenza per i ministri, poi diventato «fondo Fidea», si tenne a Napoli.
- L’Assemblea Generale del 1977 che vide le dimissioni del primo presidente Umberto N. Gorietti e l’elezione di F. Toppi, si tenne a Napoli.
- L’Assembla Generale del 1978, in cui venne approvato lo Statuto annotato e il Regolamento Interno alle ADI e gli argomenti da inserire nell’Intesa con lo Stato, si tenne a Napoli.
- Tutte le Assemblee Generali dal 1979 (a Napoli) al 1989 estremamente importanti perché avrebbero dato una nuova struttura alle ADI che avrebbero portato alla firma delle intese, si tennero ininterrottamente presso il Centro Comunitario Evangelico di Roccamonfina (Caserta), che come sanno tutti nelle ADI è comunque regno delle famiglie calzolai di Napoli (Melluso, Anastasio e intanto si era aggiunto D’Alessandro attraverso matrimoni incrociati).
Che strane coincidenze non è vero?
Si pensi che nel 1991, persino lo storico presidente delle ADI Francesco Toppi scrisse con una nota di stupore mista a soddisfazione, come se avesse raggiunto un traguardo, che :
“Erano ben 38 anni, dal lontano 1953, che l’Assemblea Generale delle A.D.I. non si svolgeva più a Roma”
(Cristiani Oggi, Anno X, N. 10, del 16-31 maggio 1991, p. 6)
C’è ancora qualcuno che non ha capito dove si trovi la vera cabina di regia delle «Assemblee di Dio in Italia»?
- In tempi più recenti, l’Assemblea Generale del 2007, quando Felice A. Loria è stato eletto presidente al posto di F. Toppi che era andato in emeritazione, in quale città pensate che si sia tenuta? Ecco, bravi, sempre a Napoli.
L’unica eccezione, che PARE (ma non è così) interrompere questa “strana” tradizione tutta napoletana (a partire, però, dall’arrivo di Henry Ness in Italia e non prima) è l’ultima Assemblea generale, quella del 2019, in cui viene eletto presidente Gaetano Montante. Quest’ultima, si è tenuta in Toscana, a Chianciano (Siena), a due passi dalla sede della tesoreria generale delle ADI, il cui conto è aperto da decenni presso la «Banca del Monte dei Paschi» – salita alla ribalta per le vicende legate alla massoneria -. Come interpretare l’interruzione, più unica che rara, di questa tradizione napoletana ce l’ho, ma per il momento preferisco non dirla.
Insomma, non è alquanto singolare che ad eccezione dell’ultima «Assemblea Generale», le elezioni di tutti i presidenti delle chiese ADI siano avvenute sempre a Napoli? Non è alquanto singolare che tutte le decisioni vitali per l’organizzazione ADI siano state prese sempre a Napoli? Naturalmente anche queste sono solo coincidenze giusto?
4. Napoli: capitale del pentecostalismo italiano
Appare evidente che la capitale del pentecostalismo italiano non è mai stata Roma e nemmeno in Sicilia dove vi è la più alta concentrazione di pentecostali, ma è sempre stata Napoli. A Roma, in via dei Bruzi, vi è sempe stata la sede lagele, ma la cabina di regia è sempre stata a Napoli.
Ed è singolare che a dirlo sia il pastore valdese Giorgio Bouchard, in odore di massoneria, già presidente della «Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia» (FCEI) -, in un articolo apparso su un numero di «Riforma», di luglio 2014, in occasione della presentazione del libriccino di A. Iovino sulla vita di Alfonso Melluso. Come mai?
Sia chiaro che tutti i personaggi nominati – viventi e defunti -, sono (o sono stati) legati alla massoneria. Si noti, tra le altre cose, che G. Bouchard fa riferimento ai Rockefeller come finanziatori del pentecostalismo brasiliano. Pertanto, in merito a questo articolo sorgono alcune domande:
- Perché Bouchard inserisce la notizia che i Rockefeller hanno finanziato il pentecostalismo in Brasile? Appare un dettaglio superfluo nel contesto dell’articolo.
- Tranne che non voglia alludere forse che i Rockefeller hanno finznanziato anche il pentecostalismo italiano schermandolo tramite l’azienda di calzature Melluso che sono diventati i referenti?
- Perché i Rockefeller hanno finanziato il pentecostalismo in Brasile? Quale vantaggio ne traevano?
- I Rockefeller hanno finanziato anche il pentecostalismo italiano? Se sì, perché?
- C’entra qualcosa Henry H. Ness, il fondatore delle “Assemblee di Dio in Italia” e amico di Alfonso Melluso e S. Anastasio, visto che era stato un importante funzionario della Standard & Oil di proprietà proprio dei Rockefeller a cui aveva venduto la propria piccola azienda farmaceutica?
- I Rockefeller continuano ancora oggi a finanziare le chiese pentecostali in Brasile e forse anche in Italia e altre parti del mondo magari indirettamente tramite ONG e industriali “filantropi”? Se sì, perché?
- Nell’articolo di Bouchard emerge un gap che non può non destare più di un sospetto. G. Bouchard, non spiega in che modo sia avvenuto il passaggio dei piccoli artigiani Melluso da conduzione familiare nel povero Rione Sanità a quello di una delle più importanti industrie europee con sede a Capodimonte. Un passaggio che non spiega nemmeno il libriccino di Iovino recensito. Ci si limita a raccontare la storiella che l’azienda Melluso è sorta nel 1945 (nel 1946 H. Ness veniva in Italia e fondava le chiese pentecostali ADI) ma non ci viene detto da dove siano arrivati i soldi che hanno consentito a questi piccoli artigiani a conduzione familiare di acquistare le macchine tecnologicamente avanzate e di ultima generazione che ne hanno consentito il salto per creare una grande industria. Come mai?
- Cosa vuole dire Bouchard quando nell’articolo scrive di Napoli (città dei Melluso) come la «capitale morale del pentecostalismo italiano»? vuole forse dirci che i Melluso sono i referenti dei Rockefeller e che a loro è stato affidato il controllo dei pentecostali italiani visto che questa dinastia ha dei referenti in quasi tutte le nazioni? D’altra parte, è noto che nella suddivisione del “potere” dell’élite di banchieri aschenaziti, ai Rockefeller è stato affidato il controllo del mondo protestante, nello specifico quello pentecostale, tramiteloro referenti come, ad esempio, le ONG di G. Soros. Se fosse così, allora Napoli sarebbe non la «capitale morale», ma la «capitale immorale» del pentecostalismo italiano.
5. La biografia di A. Melluso, il giovane saggio del pentecostalismo italiano
Quanto al libriccino di A. Iovino sulla vita di Alfonso Melluso, già nel titolo contiene un riferimento all’esoterismo massonico se letto con opportune lenti iniziatiche. L’aggettivo «saggio», o «savio», oltre al significato ovvio e letterale, ne ha un altro nascosto e simbolico. Nel linguaggio esoterico, questo aggettivo indica la saggezza spirituale che coincide con la scoperta della conoscenza segreta: «la pietra ritrovata».
Lo stesso significato lo ritroviamo presso i filosofi greci, come Platone e Pitagora, come pure nella tradizione ermetica, basata sugli insegnamenti dell’antico dio egiziano Hermes Trismegitusi e nella massoneria, inclusa quella ebraica. Si pensi, ad esempio, ai «Protocolii dei Savi di Sion», legati al sionismo, il cui titolo dice già tutto.
Peraltro, non può non colpire significativamente l’analogia tra il titolo originale della nota opera sionista, «Protocolli dei 𝐒𝐚𝐯𝐢 𝐀𝐧𝐳𝐢𝐚𝐧𝐢 di Sion», con il titolo del libro di A. Iovino, «Alfonso Melluso: il 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐞 𝐬𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 del pentecostalismo italiano». Insomma, savi anziani (sionisti) e savi giovani (pentecostali).
E se alle origini del risveglio pentecostale, quelli italiani non avessero la più pallida idea di cosa fossero «I Protocolli dei Savi di Sion», i pentecostali americani già cento anni fa li conoscevano e li combattevano perché li consideravano un’opera diabolica e massonica che preparava la strada all’ascesa dell’anticristo, come prova la pagina di questo numero del 1920 di “The Pentecostal Evangel” l’organo ufficiale delle Assemblies of God americane. Naturalmente la posizione moderna delle «Assemblee di Dio americane» è totalmente mutata. Mentivano allora oppure metono adesso?
Conclusione
Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla –Edmund Burke
Sinceramente, vi sarebbe tantissimo altro da scrivere, ma già sono stato abbastanza prolisso per essere un articolo. Qui mi sono voluto limitare a pochissimi fatti salienti, per lo più inediti, che ho voluto raccontare per suscitare interesse e stimolare gli studiosi a cercare la vera verità storica, perché la storia del pentecostalismo italiano, quella vera, è ancora tutta da scrivere. La narrazione che ci è stata data da tutti i volumi di storia pentecostale pubblicati fino ad oggi appartiene al genere agiografico, anzi è una favoletta da relegare alla nebulosa sfera della mitologia ben lontana dalla verità.
Tutti i volumi sul pentecostalismo italiano pubblicati fino ad oggi, ripetono tutti più o meno la stessa filastrocca e hanno tutti – chi più chi meno -, lo stesso difetto di origine in quanto dipendono per lo più dalle faziose ricostruzioni di F. Toppi. E non mi riferisco solo ai circuiti pentecostali, che comprensibilmente hanno tutto l’interesse a nascondere i fatti scomodi della loro storia, ma anche ai falsi super partes come i contributi di personaggi legati a diversi circuiti (Valdesi, Wesleyani, Cesnur) che invece ne sono complici. E la ragione consiste nel fatto che hanno tutti la stessa cabina di regia. Insomma tutti narrano la solita e ormai ammuffita filastrocca. Mi domando quando degli storici seri e obiettivi si decideranno a scrivere una storia sul pentecostalismo italiano veritiera. Pochi giorni fa ho avuto uno scambio di battute con l’autoproclamato “esperto di pentecostalismo”, tale A. Iovino che non ha mai sdoganato documenti, che non ha mai prodotto nulla di originale, che non ha mai prodotto alcuno scoop tale da obbligarci a revisionismi storici, eppure solo perché è incuneato in circuiti massonici pensa di impressionare ostentando competenze che non possiede. Francamente, fino ad oggi non leggo da parte di alcuno contributi seri e approfonditi che narrino la vera verità storica del pentecostalismo italiano, ma come si suol dire: la speranza è l’ultima a morire.
Forse è perché sono consapevoli di questo che all’ Istituto Biblico Italiano, dopo circa sessan’tanni, la storia del movimento pentecostale è stata declassata? (secondo quanto mi hanno riferito) Non lo so, né francamente m’interessa. Tuttavia, per scrivere la storia servono i documenti, e i documenti ci sono, credetemi. Vanno solo cercati. Tutto quello che ho scritto qui è perfettamente documentato ma per mia scelta ho deciso, almeno per il momento, di non pubblicare questi documenti, perché ciò che è frutto di fatica e sudore è sempre più apprezzato rispetto a quello che ci piomba addosso da solo! Perciò, rimboccatevi le mani, “fatevi coraggio, mettetevi all’opera, e il SIGNORE sia con chi è buono” (2Cr 19:11). Qualora qualcuno volesse soddisfazioni su quanto qui espresso, sono pronto a esibire tutta la documentazione nelle opportune sedi, anche perché, com’è ovvio, qui mi sono limitato di molto.
Passiamo ai consigli per i ricercatori della vera verità storica. Sappiano costoro che la consultazione degli archivi delle ADI e di altre denominazioni è importante (vd. ad esempio le corrispondenze private di R. Bracco e di Gorietti), ma se non vi fanno entrare vi fermate? No, bisogna andare oltre. Allora, conosco questi archivi e se pensate di trovarvi tutto v’illudete di grosso. Nel caso specifico di Henry H. NESS (NESH), ad esempio, il grosso del materiale non si trova negli archivi ADI e non ce l’hanno nemmeno i familiari (peraltro già da me contattati diversi anni fa) ma bisogna recarsi personalmente in loco, a Seattle, a Washington DC, ma anche in Italia (in particolare a Roma, Napoli e Catania), Portogallo e non solo nelle biblioteche, ma Municipio, Ufficio delle entrate, risalire alle visure storiche catastali, ecc. ad esempio. Bisognerebbe recarsi in Norvegia, cosa che io non ho fatto perché poi ho smesso di interessarmi di queste tematiche.
Proprio in questo stesso articolo, se viene letto con le opportune lenti, vi sono indicazioni che i ricercatori veri sapranno cogliere a differenza degli autoproclamati storici comodamente seduti nelle loro torri d’avorio pronti ad approfittare delle faticose ricerche altrui per poi inserirli nei loro libri mistificando i fatti. Adesso, sta ai veri ricercatori decodificare questo articolo e mettersi all’opera, perché c’è molto da scoprire e le ricerche su internet da sole non bastano. È necessario spostarsi fisicamente. Una volta fatto questo, poi unisci i punti. Buon lavoro ricercatori!
Il mio augurio è che qualcuno si rimbocchi le maniche e si metta finalmente a fare seriamente ricerche e a scrivere una storia del pentecostalismo italiano VERITIERA, una storia avvincente fatta di luci (poche) e ombre (molte) e la racconti in modo obiettivo, imparziale e completo, senza nascondere nulla. Però, perché questo avvenga sono necessari: onestà intellettuale, competenze, imparzialità, intuito e conoscenza diretta del fenomeno pentecostale per averlo vissuto, perché solo chi conosce il pentecostalismo dal di dentro è poi in grado di cogliere certe dinamiche e interpretarle. Naturalmente servono altri documenti rispetto a quelli che sono saltati fuori fino ad oggi, e, lo ripeto, questi vi sono. Sono tantissimi i documenti che devono essere ancora sdoganati, ma proprio tanti tanti. Bisogna solo mettersi alla ricerca e scovarli. Chissà che le ADI e le altre denominazioni pentecostali non si decidano un giorno ad aprire al pubblico i loro archivi. Tanto non hanno nulla da nascondere, giusto? Sarebbe un inizio. Per il momento, per conoscere la vera storia del pentecostalismo italiano non ci rimane che aspettare, anche perché sono persuaso che se si vogliono raccontare davvero tutti i fatti, senza nascondere nulla, un volume non sarà sufficiente, ma saranno necessari svariati volumi suddivisi per anni.
La vita e le vicende dei fondatori delle ADI, Henry Hamilton Ness (Nesh) e Frank Bruno Gigliotti, furono talmente intense, complesse e piene di colpi di scena che secondo me meriterebbero addirittura un film. E lo dico senza ironia e con sincera convinzione. La storia del pentecostalismo italiano è bella, avvincente, piena di colpi di scena, paradossi e contraddizioni. È una storia che s’intreccia inevitabilmente con la storia d’Italia, ma anche con quella d’Eruropa e degli Stati Uniti nel contesto della “guerra fredda”, e non solo. Prima di concludere, stavo quasi per dimenticarlo, a non trascurare Hermann Parli (1916-1998) – l’uomo utilizzato come «apri pista» – malgrado i contatti epistolari privati di E. Rustici con le Assemblies of God americane -, per infiltrare Henry H. Ness tra i pentecostali italiani perché anche lui faceva parte di circuiti particolari. E sarà sempre lui l’interprete ufficiale che Henry H. Ness vorrà sempre al suo fianco.
Nella foto sotto, per gli attenti osservatori, è possibile scorgere diversi segnali massonici. Buon lavoro ricercatori.
copyright di F. Chinnici
Note
1. I primi agenti (costruttori) che H. Ness utilizzò per la costruzione delle “Assemblee di Dio in Italia” furono davvero una manciata: Vincenzo Federico, Rosario Di Palermo (Sicilia), Salvatore Anastasio (Campania), Umberto Gorietti e Roberto Bracco (Roma). Vi sono seri indizi ed elementi concreti per ipotizzare che con molta probabilità almeno quattro di loro fossero stati cooptati in massoneria. (Torna su)
2. Non bisogna fare l’errore di confondere la professione di farmacista di quegli anni con quella che conosciamo oggi, perché stiamo parlando di due figure professionali molto diverse. D’altra parte, la storia farmaceutica ha avuto diverse fasi, da quella più prettamente alchemica a quella chimica. Si pensi, ad esempio al significato etimologico di ϕαρμακεία/ pharmakeía e φάρμακον/ phármakon che ha a che fare con la magia e l’incantesimo (cfr. Ga 5:20; Ap 18:23). Un noto medico, botanico e farmacista greco fu Dioscoride, vissuto nel I secolo dopo Cristo a Roma al tempo dell’imperatore Nerone. La grande industria farmaceutica come la conosciamo oggi è più recente, e la si deve proprio all’ingresso dei Rockefeller che aveva già conosciuto in giovane età questo settore tramite il padre che era un mezzo millantatore e che poi, grazie all’alta finanza, ha trasformato quella che originariamente aveva scopi più nobili in un grande business, talché oggi parliamo di Big Pharma. Agli inizi del XX secolo il settore farmaceutico è in una fase di transizione. Ad esempio, il corso di farmaceutica negli Stati Uniti durava due o tre anni e per accedervi era sufficiente la licenza elementare. Sarà a partire dal 1925 che il corso viene prolungato a quattro anni e per accedervi sarà necessario il diploma della High School (a metà tra la scuola media inferiore e la scuola media superiore italiana). Gli anni ’20 hanno segnato un decennio travagliato nella storia dell’educazione farmaceutica poiché le opportunità di carriera erano diminuite con l’industrializzazione dei prodotti farmaceutici, e la farmacia era diventata un’impresa commerciale più ampia. Queste nozioni sono necessarie per capire cosa fosse una farmacia ai tempi di Henry Ness e in cosa consisteva la sua professione di farmacista che c’entra molto poco con quella che conosciamo oggi. Gli anni a cui ci riferiamo in questo articolo, quelli del periodo di H. Ness, erano anni di fermento per la formazione in Farmacia che si basava molto sullo studio della chimica, della botanica e pure del latino. In quei giorni le farmacie erano per lo più composte da due sezioni: una parte più interna adibita a laboratorio in cui si producevano gli unguenti e una parte esterna adibita alla vendita. In questa parte esterna era possibile vedere gli scaffali con i vasi colmi di medicamenti di ogni genere, sentire i profumi delle spezie. E poiché il farmacista fondamentalmente preparava i medicamenti, questo richiedeva, in estrema sintesi, una conoscenza approfondita di: tecnica farmaceutica, delle materie prime, di botanica e anche delle leggi dello Stato in cui si operava. Vi erano, ad esempio, le famose “Farmacopee”, ossia delle linee guida da seguire nella preparazione dei medicinali fornite dal governo, ma vi erano pure le farmacopee non ufficiali, spesso un ricettario privato manoscritto, dove i farmacisti annotavano le loro osservazioni, i loro piccoli segreti e preparazioni anche non strettamente farmaceutiche (inchiostri, vernici, fuochi di artificio, dolci…). È in questo periodo che la famiglia Rockefeller acquista gran parte delle farmacie americane per creare le grandi industrie farmaceutiche e assumerne il controllo incontrastato del settore. Siamo agli inizi di quella che poi sarebbe diventata Big Pharma. (cfr. https://aihp.org/wp-content/uploads/2018/12/AACP-D.pdf; https://cen.acs.org/articles/83/i25/PHARMACEUTICAL-GOLDEN-ERA-193060.html ) (torna su)
3. Tutto inizia con John D. Rockefeller (1839-1937) un filantropo evangelico battista, un magnate del petrolio, un barone rapinatore, il primo miliardario americano e un monopolista nato. Alla fine del XX secolo, controllava il 90% di tutte le raffinerie di petrolio negli Stati Uniti attraverso la sua compagnia petrolifera, la Standard Oil, che in seguito fu sciolta per diventare Chevron, Exxon, Mobil ecc. Il padre era commerciante di medicinali naturali. Allo stesso tempo, intorno al 1900, gli scienziati scoprirono i “prodotti petrolchimici” e la capacità di creare tutti i tipi di sostanze chimiche dal petrolio. Ad esempio, la prima plastica – chiamata Bakelite – fu prodotta con il petrolio nel 1907. Gli scienziati scoprirono le vitamine e ipotizzarono che molti prodotti farmaceutici potessero essere prodotti partendo dal petrolio. Questa ben presto si tramutò in una meravigliosa opportunità per Rockefeller che nella sua giovinezza aveva lavorato in questo settore e vi ha visto la capacità di monopolizzare contemporaneamente l’industria petrolifera, chimica e medica! La cosa migliore dei prodotti petrolchimici era che tutto poteva essere brevettato e venduto per alti profitti. Ma c’era un problema con il piano di Rockefeller per l’industria medica: le medicine naturali / a base di erbe erano molto popolari in America a quel tempo. Quasi la metà dei dottori e dei college di medicina negli Stati Uniti praticavano la medicina olistica, unendo le conoscenze dell’Europa a quella dei nativi americani. Rockefeller, il manipolatore monopolista, dovette trovare un modo per sbarazzarsi della sua più grande concorrenza. Iniziò acuistando tutte le farmacie che poteva (acquistò pure quella di Henry H. Ness) e quindi usò la classica strategia del “problema-reazione-soluzione (del problema)”. Cioè, creare un problema e spaventare le persone, attendere la loro reazione e quindi offrire una soluzione (pre-pianificata). Ad esempio, lo stesso metodo è stato utilizzato nella storia recente con il terrorismo, seguito dal “Patriot Act” firmato dal massone pentecostale legato al circuito degli illuminati John D. Ashcroft. Quindi, Rockfeller, si recò dal suo amico Andrew Carnegie – un altro plutocrate che fece soldi monopolizzando l’industria siderurgica – che ideò un piano. Dalla prestigiosa Carnegie Foundation, mandarono un uomo di nome Abraham Flexner a viaggiare per gli Stati Uniti e riferire sullo stato delle scuole mediche e degli ospedali in tutto il Paese. Ciò portò alla stesura del Rapporto Flexner , che ha dato alla luce la medicina moderna così come la conosciamo. Inutile dire che il rapporto parlava della necessità di rinnovare e centralizzare le istituzioni mediche. Sulla base di questo rapporto fake, più della metà di tutti i college di medicina furono presto chiusi, l’omeopatia e le medicine naturali furono derise e demonizzate, e molti medici furono persino incarcerati. Per aiutare la transizione e far cambiare idea ad altri medici e scienziati, Rockefeller donò oltre 100 milioni di dollari di allora (parliamo di miliardi di oggi) a College, ospedali e fondò un gruppo “filantropico” chiamato “General Education Board” (GEB). In pochissimo tempo, le università di medicina furono uniformate, semplificate e omologate. Tutti gli studenti avrebbero imparato la stessa cosa e da quel momento in poi la medicina avrebbe riguardato l’esclusivo uso di farmaci solo se brevettati. Gli scienziati ricevettero enormi sovvenzioni per studiare come le piante potessero curare le malattie, ma il loro obiettivo era innanzitutto identificare quali sostanze chimiche nella pianta erano efficaci, quindi ricreare una sostanza chimica simile – ma non identica – in laboratorio che potesse essere brevettata. In vista del nuovo marketing crearono uno slogan: «Una pillola per un malato». Grazie al martellamento pubblicitario, questo slogan divenne presto un mantra per la medicina moderna entrando nella testa di tutti.
Oggi, a distanza di oltre cento anni, si stanno sfornando medici che non sanno nulla dei benefici della nutrizione o delle erbe o di qualsiasi pratica olistica. Abbiamo un’intera società schiavizzata dalle corporazioni per l’esclusivo benessere di queste corporazioni. Gli Stati Uniti spendono il 15% del proprio PIL per l’assistenza sanitaria che si concentra non sulla cura, ma solo sui sintomi, creando così clienti abituali. Non esiste una cura per il cancro, il diabete, l’autismo, l’asma o persino l’influenza. Perché dovrebbero esserci cure reali? Questo è un sistema fondato da oligarchi e plutocrati e non da medici con un’etica sana. E l’unica etica che conoscono questi oligarchi è il profitto. Per quanto riguarda il cancro, oh sì, l’ American Cancer Society è stata fondata sempre da Rockefeller nel 1913. Il Pastore battista Frederick Taylor Gates (1853-1929) fu il principale consigliere dei Rockefeller. Sebbene Gates sia oggi riconosciuto come un consulente filantropico, lo stesso Rockefeller lo considerava il più grande uomo d’affari che avesse incontrato nella sua vita, saltando figure di spicco dell’epoca come Henry Ford e Andrew Carnegie. Nel 1901, Gates progettò il Rockefeller Institute for Medical Research (oggi: “Rockefeller University”), di cui era presidente del consiglio di amministrazione. Ha quindi progettato la Rockefeller Foundation , diventandone un amministratore dopo la sua creazione nel 1913. Frederick T. Gates progettò il China Medical Board (CMB) nel 1914. Piuttosto che guardare la Cina come un Paese da convertire, lo vide come un Paese in cui farci affari perché secondo lui i missionari erano intrappolati nella “schiavitù della tradizione e un’ignoranza e un sentimento fuorviante nelle chiese che li sostenevano”. Gates prevedeva di rilevare il Peking Union Medical College e di riqualificare i missionari lì. Lavorando all’incrocio tra filantropia, imperialismo, grandi affari, religione e scienza, il China Medical Board è stato il suo ultimo grande progetto. Concludo con una citazione di John D. Rockefeller che riassume la sua visione: «Io non voglio una nazione di pensatori. Voglio una nazione di lavoratori». Il problema è sempre lì: L’amore del denaro è la radice per ogni specie di mali (1Ti 6:10). (torna su)
4. La razza giudeo-aschenazita Cazara (o kazhara) si proclama Ebrea ma non lo è. I Cazari aschenaziti non sono Giudei: A) né per fede, avendo ripudiato la Legge di Mosè, quindi l’ebraismo biblico, per aderire al Talmudismo (una religione basata sul Talmud) che essi stessi hanno creato mettendo per iscritto le antiche tradizioni orali rabbiniche che Gesù stesso condannò (cfr. Matteo 23); B) né per sangue non essendo originari della Giudea bensì dell’Asia centrale, dell’Europa centrale e dell’est, e più precisamente provenienti dalla Turchia e dalla Mongolia abitando un ampio territorio che coincide con l’attuale Ucraina e parte di Bielorussia, Polonia, Slovacchia, Ungeria, Romania e Moldovia. Aschenaz. Infatti, Aschenaz non era discendente di Sem, ma di Iafet (Ge 10:3; 1Cr 1:6). Essi erano un popolo sanguinario dedito persino al sacrificio di bambini già dall’antichità, e forse è per questo che la Bibbia li definisce «una sinagoga di Satana» (Ap 2:9; 3:9). La parola Cazaro o kazharo in turco significa «errante» e la stragrande maggioranza degli ebrei aschenaziti discendenti dal popolo Cazaro e che oggi sono quelli dell’alta finanza che controllano le banche (Rothschild, Warburg, Rockefeller, Morgan, Dupont, Soros, Lazard, Elkann, ma persino molte delle famiglie della così detta aristocrazia nera che da secoli controlla il Vaticano ecc.) proviene in pratica tutta da questa razza che nulla ha a che vedere con la Giudea e con i Giudei (Ap 2:9; 3:9). Essi sono i sionisti, la cabala, da cui gli Ebrei ortodossi hanno sempre preso le distanze. Inoltre va detto che John David Rockefeller – il burattinaio di Henry H. Ness -, non era solo un sionista aschenazita, comproprietario della Federal Reserve americana, magnate del petrolio e di Big Pharma, associato con i Rothschild e i Warburg nella creazione del fenomeno Hitler in Germania e in stretti legami con i Gesuiti, ma era anche un evangelico battista che ha donato milioni di dollari alle denominazioni evangeliche e che da sempre fa il burattinaio di molti movimenti e noti personaggi evangelici (cfr. John T. Flynn, “The Story of Rockefeller and his times”, Harcourt, Brace and Company, NY 1932, pp. 297-333; Kenneth W. Rose, “John D. Rockefeller, The American Baptist Education Society, and the Growth of Baptist Higher Education in the Midwest”, relazione del 1998 a cura del Rockefeller Archive Center). (torna su)
5. Giulio Andreotti (1919–2013) personaggio controverso della storia repubblicana, un protagonista della vita politica italiana della seconda metà del XX secolo, la cui vita pare si intrecciasse tra servizi segreti, mafia e massoneria P2 – secondo quanto emerge da alcune indagini e processi a suo carico -, fu amico delle “Assemblee di Dio in Italia” (ADI). Per questo motivo non sono rimasto affatto sorpreso quando ho appreso che aveva scritto la prefazione alla tesi di laurea dell’allora giovanottino Alessandro Iovino, un pentecostale ADI, nipote di Alfonso Melluso e pronipote di Salvatore Anastasio. Giulio Andreotti il 25 novembre del 1976 – allora Presidente del Consiglio -, annuncia il proposito di intavolare trattative per le intese con le chiese evangeliche previste dall’art. 8 della Costituzione. E così, il 14 gennaio del 1977 le “Assemblee di Dio in Italia” (ADI) – come pure la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI), l’Ente Morale dell’Opera delle Chiese Cristiane dei Fratelli e altri -, ricevettero dal senatore Guido Gonella una lettera che comunicava ufficialmente che il governo aveva formato una commissione composta da tre membri con il compito di – cito testualmente -, «iniziare immediate e sollecite trattative» al fine di arrivare alla stipulazione di un’Intesa, precisando che «tale lavoro potrebbe svolgersi in una sala del Senato della Repubblica o in un altro luogo che possa essere preferito». Come dire: eventualmente ci spostiamo pure noi in via dei Bruzi 11, Roma o a Napoli, nella sede del calzaturificio Melluso. È in questo contesto che vanno lette le dimissioni di Umberto N. Gorietti (presidente delle ADI) e Salvatore Anastasio (pastore ADI di Napoli), casualmente in contemporanea nel 1977 e sostituiti rispettivamente da loro familiari, il primo da Francesco Toppi e il secondo da Daniele Melluso. Lo ripeto, entrambi con vincoli di parentela stretta. Nelle ADI servivano nuove forze sia nel governo di facciata con sede a Roma, via dei Bruzi, sia nel governo reale con sede a Napoli. Va precisato che quando G. Andreotti incaricò formalmente la stessa Commissione che conduceva le trattative con la Santa Sede per la revisione concordataria di aprire le trattative per la stipula di un’Intesa con le “Assemblee di Dio in Italia” stava, de facto, rivendicando a sé una materia che in realtà era più di competenza del Ministero dell’Interno. Questo non è un dettaglio secondario e che, a mio avviso, andrebbe approfondito. Un aspetto procedurale che verrà formalmente confermato solo successivamente dalle norme approvate sulla riforma della Presidenza del Consiglio dei ministri (legge 23 agosto 1988 n. 400 e decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 303). (torna su)
6. A. Iovino, A. Melluso il giovane saggio del pentecostalismo italiano, ed. GBU 2014, p.69. Il primo presidente delle ADI Umberto Nello Gorietti faceva l’agente di commercio nel settore delle calzature alle dipendenze di Salvatore Anastasio. Perciò, da Roma si recava spesso a Napoli per visitare l’allora piccola azienda familiare di Salvatore Anastasio che nel 1933, proprio grazie alla testimonianza del proprio agente di commercio, divenuto poi amico, Nello Gorietti, sarà il primo pentecostale di Napoli, seguito poi dai suoi cognati Melluso e D’Alessandro. Addolorata Anastasio, sorella più giovane di S. Anastasio, e socia carismatica di A. Melluso, sarà colpita da un tumore che la condurrà in breve tempo alla morte nel 1961. I figli di questa, ritenuti inesperti dai Melluso, saranno liquidati dall’Azienda e rimpiazzati dai fratelli più giovani di Alfonso, Daniele Melluso e Pasquale D’Alessandro, che nel frattempo avevano parallelamente dato vita a un’altra azienda di scarpe con Pasquale Melluso, il papà di Alfonso e cognato di S. Anastasio. Da quel momento l’Azienda sarà controllata interamente dalla famiglia Melluso, mentre i figli di Addolorata Anastasio saranno gentilmente messi fuori dal grande giro. I figli di Salvatore Anastasio invece fonderanno successivamente il marchio “Starlet”. (torna su)
7. Alla somma di 1 milione e mezzo di euro (€ 1.500.000) sono arrivato facendo dei calcoli sulla base di dati ufficiali. Mi sono mantenuto, però, sul minimo perché il reale potere di acquisto rapportato alla vita di oggi potrebbe arrivare anche a quasi tre milioni di euro. Oggi sappiamo che nella prima parte del 1947 un dollaro americano veniva scambiato a 350 lire, e sappiamo pure che lo stipendio medio di un operaio era di 11.000 lire al mese (facendo una media perché allora il divario tra Piemonte, Lombardia e il resto d’Italia poteva persino superare il 50% ). Quindi, facendo i dovuti calcoli si ha la somma esatta di 1.571.818 euro. Nello specifico sappiamo che le “Assemblies of God” americane investirono a Roma e Catania, mentre per quanto riguarda Napoli per il momento preferisco non esprimermi.
- Roma, Via dei Bruzi 9-11: Le “Assemblies of God” americane hanno investito $25.000 per 350L. fa 8.750.000 lire ossia 795,454 mensilità che moltiplicato per 1.300 euro, il salario medio-basso di un operaio di oggi, arriviamo a un valore attuale di circa 1.034.090,20 euro.
- Catania, Via Juvara 46: Le “Assemblies of God” americane hanno investito $13.000 per 350L. fa 4.550.000 lire ossia 413,636 mensilità che moltiplicato per 1.300 euro, il salario medio-basso di un operaio di oggi, arriviamo a un valore attuale di circa 537.727,80 euro
- Napoli? Mi manca ancora qualche tassello per completare il puzzle e da tempo ho cessato di fare ricerche, per cui preferisco non esprimermi.
Questo calcolo, come detto, però si basa sulla quotazione del dollaro dell’agosto 1947, mentre sappiamo che gli acquisti vennero fatti immediatamente dopo. Ora, una parentesi sulle vicende della moneta nazionale si aprì tra il 1943 e il 1947, allorché le forze militari alleate di occupazione nel Sud dell’Italia emisero e utilizzarono la Allied Military Lira (le cosiddette ”AM lire”), cioè carta moneta inconvertibile resa mezzo di pagamento legale e intercambiabile con la moneta locale per proclama militare. Dal dicembre 1947 al settembre 1949 i cambi ufficiali della Lira furono ricavati dalla media mensile delle quotazioni giornaliere presso le borse di Roma e Milano. In questo periodo il cambio della Lira con il dollaro oscillò da un massimo di 603 a un minimo di 573 Lire per 1 dollaro per cui rifacendo i calcoli con le nuove quotazioni, allora si supera abbondantemente il milione e mezzo di euro e possiamo arrivare fin quasi a 3.000.000,00 (tre milioni) di euro oggi. (torna su)
Fonti: https://www.storiologia.it/tabelle/popolazione06.htm
https://www.treccani.it/enciclopedia/lira_res-bf4920d3-87ea-11dc-8e9d-0016357eee51_%28Enciclopedia-Italiana%29/
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Fatevi coraggio, mettetevi all’opera, e il SIGNORE sia con chi è buono (2Cr 29:11)
E non dimenticare mai che:
La verità non si preoccupa se le fai le domande, mentre una bugia non ama essere sfidata
Un sentito ringraziamento ai curatori del blog per la collaborazione nel collage fotografico.
Un raro video d’epoca in cui si vede Henry H. Ness
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