La massoneria italiana e la Loggia P2 (1965-1981)

La storia della massoneria italiana e della loggia P2 s’incrocia con quella pentecostale. Le “Assemblee di Dio in Italia” (ADI), la principale denominazione pentecostale nata ufficialmente nel 1948 (ma le cui basi erano state gettate in Sicilia nel 1943), aveva ottenuto il riconoscimento giuridico come Ente morale di culto nel 1959 (D.P.R. 5.12.1959 n.1349) e a partire dagli anni ’70 del secolo scroso iniziato l’iter che porterà a firmare un’intesa con lo Stato italiano nel 1988 (Legge 22.11.1988 n.517). In quei decenni un ruolo fondamentale fu rivestito da Frank B. Gigliotti (1896-1974), Henry H. Ness (1895-1970), Licio Gelli (1919-2015) e Giulio Andreotti (1919-2013) oltre ad altri vari personaggi tutti legati, a vario titolo, a massoneria e servizi segreti. Pertanto, conoscere la storia della massoneria di quel periodo ci aiuta a mettere al posto giusto il vario e complesso puzzle del pentecostalismo italiano nel dopoguerra.

La storia della massoneria italiana e della loggia P2 s’incrocia con quella pentecostale. Le “Assemblee di Dio in Italia” (ADI), la principale denominazione pentecostale nata ufficialmente nel 1948 (ma le cui basi erano state gettate in Sicilia nel 1943), ha ottenuto il riconoscimento giuridico come Ente morale di culto nel 1959 (D.P.R. 5.12.1959 n.1349) e a partire dagli anni ’70 del secolo scorso ha iniziato l’iter che la condurrà a firmare un’intesa con lo Stato italiano nel 1988 (Legge 22.11.1988 n.517). In tutti questi passaggi un ruolo fondamentale, ma sotterraneo, nella storia pentecostale delle “ADI fu rivestito da Frank B. Gigliotti (1896-1974), Henry H. Ness (1895-1970), Licio Gelli (1919-2015) e Giulio Andreotti (1919-2013) oltre ad altri vari personaggi legati tutti, a vario titolo, a massoneria e servizi segreti. Pertanto, conoscere la storia della massoneria e della loggia P2 in quegli anni ci aiuta a mettere nel posto giusto il vario e complesso puzzle del pentecostalismo italiano nel dopoguerra.

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La massoneria italiana e la prima fase della Loggia P2 (1965 – 1974)

La massoneria italiana si componeva di due gruppi maggioritari, indicati nominalmente con il riferimento alla sede che occupavano, ossia Palazzo Giustiniani e Piazza del Gesù, in seguito alla scissione dell’unico gruppo nel 1908. La separazione avvenne per contrasti ideologici attinenti l’atteggiamento da assumere sulla legislazione concernente l’insegnamento religioso nelle scuole(1). I massoni scissionisti di Piazza del Gesù abbandonarono l’anticlericalismo e si avvicinarono al mondo cattolico, per difendere gli interessi dei ceti dominanti dall’avanzata delle sinistre. Uno spostamento che portò l’istituzione a schierarsi con il fascismo, considerato un sicuro argine antisocialista. Nei confronti di Mussolini la massoneria di Palazzo Giustiniani assunse una posizione d’incertezza, tra il rifiuto delle violenze dello squadrismo fascista e il consenso per l’ordine promesso dal Duce. Successivamente le leggi fasciste abolirono le organizzazioni massoniche, con lo scioglimento delle Logge del 22 novembre 1925, lasciando la struttura segreto-elitaria inerme fino al termine del secondo conflitto mondiale. Di notevole rilevanza fu l’interconnessione della massoneria italiana con quella britannica, francese e in particolar modo statunitense. Con gli Stati Uniti troviamo legami in momenti particolarmente significativi nella storia recente di Palazzo Giustiniani, rapporti che vennero stabiliti per il tramite di Frank Gigliotti. agente della Sezione italiana dell’OSS(2) dal 1941 al 1945 e della CIA, nonché appartenente all’alta massoneria americana. Sarà grazie alla sua intercessione che il Grande Oriente d’Italia otterrà il primo riconoscimento della Circoscrizione del Nord degli Usa. Mosso da radicati sentimenti antisocialisti, impose l’unificazione tra Grande Oriente e Supremo Consiglio della Serenissima Gran Loggia degli Alam, gruppo il cui vertice risulterà poi legato a vicende mafiose e golpiste, in cambio dell’intervento nelle trattative con il Governo italiano riguardanti Palazzo Giustiniani(3). Tenendo in considerazione solo questi due gruppi principali, appunto Palazzo Giustiniani e Piazza del Gesù, si nota una scala gerarchica, composta dall’Ordine, comprendente i primi tre gradi, ed il Rito, dal quarto al trentatreesimo. Tutti coloro facenti parte del Rito sono membri dell’Ordine, mentre non necessariamente vale il contrario. Non si può appartenere alla massoneria se non attraverso l’iscrizione ad una loggia, divise nelle diverse distribuzioni su base territoriale. Nel sistema veniva contemplato il possibile accesso per iniziazione diretta ad opera del responsabile supremo, il Gran Maestro, senza sottostare alle votazioni d’iniziazione. Questa tipologia d’iniziati non apparteneva a nessuna loggia, ed essendo noti solo al Maestro tali iscritti venivano designati come «coperti» ed inseriti in una loggia anch’essa coperta. Ogni loggia appartenente a questa tipologia veniva contrassegnata da un nome ed un numero, tale sarebbe la spiegazione fornita dai responsabili massonici per il termine Propaganda Due. Le caratteristiche fondamentali della struttura massonica si basavano sui principi di segretezza e solidarietà. Il fenomeno della copertura era comune anche in tutti gli altri ordini, interessando sia i singoli iscritti che intere logge. Molto frequente l’utilizzo di nomi fittizi per coprire l’attività all’esterno(4) sia per quanto riguarda i locali di gestione ed effettuazione degli incontri che nei registri di appartenenza, dove possiamo leggervi pseudonimi o soprannomi degli affiliati. L’attività delle logge non verteva unicamente sullo studio di questioni puramente esoteriche, ma s’espandeva in diversi campi ed interessi che trovavano il loro momento d’espressione nella pratica massonica della solidarietà tra fratelli. Tale atteggiamento si riferiva all’appoggio tra gli associati nei confronti delle relazioni con il mondo esterno o «profano». La mutua assistenza nel costituire preferenza rispetto alle persone non iscritte in ogni ambito sociale ed istituzionale oltre che economico; ovvero una discriminazione verso le persone esterne oltre che una violazione della parità costituzionale di tutti i cittadini di fronte alla legge e alle pari opportunità nel godere dei diritti e nell’accesso ai servizi pubblici. L’influenza americana nella vita politica italiana influì nella nomina del Governo democratico – liberale di De Gasperi del 1947. Ma il condizionamento anticomunista degli Stati Uniti, gestito dal controspionaggio italiano e dalla Massoneria, dirò fino ai primi anni Sessanta(5). Nonostante gli elementi di divisione tra le forze di sinistra e nonostante il perdurare della discriminante anticomunista, i risultati delle elezioni politiche del 1968 videro il “Partito Comunista Italiano” (Pci) al 26,9% dei suffragi e il “Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria” (Psiup) al 4,5% (6). Emerse come le manovre interne alla Massoneria tradizionale fossero inadeguate a fronteggiare l’avanzata della sinistra d’opposizione e come fosse necessario elaborare una nuova strategia anticomunista. Nacque l’esigenza di una struttura occulta più efficace, una Loggia che fosse in grado di istituire una rete di collegamenti nazionali ed internazionali, una struttura anticomunista coperta da segretezza per incidere nella realtà italiana. Come sottolineato dalla Commissione parlamentare P2, l’attività italiana di Frank Gigliotti parve concludersi con l’avvento di Gelli nell’organizzazione massonica.

Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla loggia massonica P2

 

Licio Gelli, volontario nella guerra di Spagna a diciassette anni a fianco dei Franchisti, responsabile dei GUF fascisti di Pistoia e membro della brigata autonoma Ettore Muti della Repubblica Sociale, nel 1944 decise di collaborare con i partigiani e col servizio di controspionaggio americano in Italia di James Angleton. Il generale americano reclutò diversi ufficiali della Repubblica Sociale, tra i quali Gelli stesso, allo scopo di fronteggiare il pericolo rosso. Licio Gelli firmò la domanda d’ammissione all’iniziazione massonica il 6 novembre 1963, ma i suoi trascorsi ne rallentarono l’accoglimento. Sembrò inverosimile l’ingresso di un ex gerarca fascista all’interno di un’organizzazione che per anni era stata perseguitata e che venne sciolta proprio dal Fascismo. Poi, nel 1965, venne ammesso alla Loggia Romagnosi grazie all’intervento del vertice massonico di Palazzo Giustiniani, il Gran Maestro Giordano Gamberini, al quale Gelli venne raccomandato dal Gran Maestro aggiunto della Loggia Propaganda Due Roberto Ascarelli. Gamberini, uomo di fiducia della Cia, vide il passato di Gelli come un elemento di garanzia per la linea anticomunista dell’organizzazione ed il 28 novembre 1966 decise d’inserirlo nella Loggia P2 elevandolo al grado di Maestro. Sebbene non avesse alcuna carica rilevante al vertice del Grande Oriente, nel 1969 venne incaricato d’operare per l’unificazione delle varie comunità massoniche. A pochi anni dalla sua partecipazione all’Ordine, dunque, Gelli si trovò a ricoprire un ruolo di rilievo ed in modo completamente personale, sia per la responsabilità delle questioni affidate alla sua gestione, sia per il prestigio della sua posizione. Quando nel giugno 1970 il nuovo Gran Maestro Lino Salvini gli delegò la completa gestione della Loggia P2, conferendogli la facoltà d’iniziare nuovi iscritti, Licio Gelli aveva già svolto un intenso lavoro di reclutamento. Nel settembre successivo verrà nominato segretario organizzativo, assumendo la possibilità di predisporre un piano per la ristrutturazione della stessa Loggia. Un organismo, dunque, che assunse le caratteristiche di forte personalizzazione anche nella denominazione, che divenne quella di «Raggruppamento Gelli-P2»; un processo che diede l’avvio all’appropriazione personale della struttura stessa. Nel giro di pochi anni ed attraverso posizioni di rilievo strategico la condizione occupata nella massoneria di Gelli aumentò di prestigio e potere per consapevole volontà dei massimi responsabili della comunione, i quali, affidarono la Loggia Propaganda ad un elemento dalle idee ben precise e chiare. Posto al vertice della Loggia P2 col potere d’affiliazione, Gelli s’impegnò ad incrementare il reclutamento, soprattutto tra gli appartenenti dei servizi segreti e tra gli ufficiali delle forze armate e riorganizzò la Loggia adottando nuove misure di segretezza. La P2 divenne il gruppo massonico con il maggior numero d’adesioni d’Italia(7). La Loggia subì una marcata trasformazione e venne impostata su criteri di assoluta segretezza, inoltre venne istituito uno schedario in codice la cui chiave era nota solo a Gelli. Caratteristiche basilari della massoneria furono riservatezza ed aiuto reciproco. Gelli procedette ad accentuare questi due fattori(8), in particolar modo rafforzando maggiormente l’indispensabile segreto di copertura, necessario per proteggere tutti coloro che per varie motivazioni dovevano restare occulti(9). Nella Massoneria la Loggia è la struttura di base territoriale e sono i suoi aderenti a decidere, attraverso votazioni, l’ammissione di nuovi adepti; la P2, invece, ha base nazionale, ed è solo il Gran Maestro a stabilire le nuove affiliazioni. Il «diritto di visita», ovvero la possibilità d’entrare in qualsiasi altra Loggia e conoscerne l’attività, verrà abolito da Gelli. I massoni hanno l’obbligo di riunirsi periodicamente; gli affiliati P2, a dispetto della nota di Salvini(10), non si riunirono molto spesso, per non conoscersi tra di loro. Solo Gelli, in casi eccezionali, organizzò incontri riservandosi il diritto di scegliere i partecipanti. Il 5 marzo 1971 Gelli organizzò una di queste rare riunioni. Secondo il verbale furono presenti trentasette massoni piduisti; le tematiche all’ordine del giorno furono la minaccia del Partito comunista italiano, in accordo con il clericalismo, per la conquista del potere; la mancanza di potere nelle Forze dell’ordine; quali rapporti avere con lo Stato italiano; quale posizione assumere in caso d’ascesa del potere clerico-comunista.

La situazione politica ed economica dell’Italia, la minaccia del Partito comunista italiano, in accordo con il clericalismo, volta alla conquista del potere, la carenza di potere delle forze dell’ordine, il dilagare del malcostume, della sregolatezza e di tutti i più deteriori aspetti della moralità e del civismo, la nostra posizione in caso di ascesa al potere dei clerico-comunisti, i rapporti con lo Stato italiano(11).

Il documento che venne redatto durante la riunione, una sintesi d’ideologie similari alla destra golpista, si concluse in questa maniera:

Si è giunti alla conclusione che il nostro paese è di fronte ad un bivio decisivo: o orientarsi verso una dittatura clericale di estrema destra, oppure verso un ancor meno auspicabile regime di estrema sinistra. Molti hanno chiesto – e non ci è stato possibile dar loro nessuna risposta perché non ne avevamo – come dovremmo comportarci se un mattino, al risveglio, trovassimo i clerico-comunisti che si fossero impadroniti del potere: se chiuderci dentro una passiva acquiescenza, oppure assumere determinate posizioni ed in base a quali piani di emergenza(12).

Gelli inviò una copia del documento a ciascun affiliato della Loggia P2 con una lettera d’accompagnamento nella quale precisò che ogni filosofia massonica era stata messa al bando per affrontare unicamente argomenti concreti e d’interesse per la vita nazionale. Lo sviluppo autonomo della Loggia Propaganda nell’ambito della comunione di Palazzo Giustiniani non mancò di creare ripercussioni all’interno della famiglia stessa. La reazione di un gruppo di dissidenti interni denominati: «massoni democratici», unì la parte politicamente meno interessata al progetto P2, promotrice d’almeno due iniziative(13) di portata ufficiale nell’ambito massonico assolutamente a danno della gestione Gelliana e la delibera del 1974 in cui il Grande Oriente decise di prendere le distanze da ogni iniziativa della P2 e del suo capo. Simbolo di una precisa volontà di separazione e del desiderio di sbarazzarsi di Licio Gelli, la cui presenza veniva avvertita come un peso ingombrante per i suoi coinvolgimenti in eventi politici inquietanti e per i rapporti equivoci che la sua loggia intratteneva con ambienti e situazioni fuori della legalità politica.

Le infiltrazioni e la seconda fase della Loggia P2 (1974 – 1981).

Frank B. Gigliotti faceva parte delle loggi massoniche P1 e P2

Nel 1974 vennero alla luce alcuni gravi scandali che ebbero per protagonisti uomini affiliati alla Loggia P2 come, ad esempio, il banchiere Michele Sindona ed il generale Vito Miceli, capo del Sid, che venne arrestato nell’ambito dell’inchiesta sull’organizzazione eversiva «Rosa dei venti» e sul «Sid parallelo». Temendo un coinvolgimento del Grande Oriente nelle indagini, il Gran Maestro Lino Salvini decise di prendere le distanze da Gelli. La maestranza di Palazzo Giustiniani paventava infatti che l’istituzione venisse coinvolta, nel caso le trame piduiste fossero state scoperte. Fu così che nella Gran Loggia(14) tenutasi a Napoli il 14 dicembre 1974, con voto quasi unanime, venne stabilita la demolizione della Loggia segreta P2. Il 30 dicembre Salvini abrogò gli ordinamenti speciali della Loggia e le deleghe che lui stesso aveva conferito a Gelli nel 1970. Chiese agli appartenenti della Loggia coperta se volessero confluire in organismi regolari o se desiderassero mantenere la loro posizione: nonostante fosse stata votata ufficialmente la demolizione, Salvini desiderò mantenere in vita la P2, escludendone solo Licio Gelli(15). Il 20 febbraio 1975 Licio Gelli sottopose ad alcuni massoni dei documenti secondo i quali il Gran Maestro Salvini sarebbe stato coinvolto in una manovra d’indebita appropriazione di denaro. Questa congiura si concluse con l’incarico affidato all’avvocato Martino Giuffrida, anche lui aderente alla massoneria, d’accusare il Gran Maestro nel corso della successiva Gran Loggia che si sarebbe tenuta a Roma il 22 marzo(16). All’Hotel Hilton di Roma l’avvocato svolse il suo incarico accusando Salvini d’avere incassato in nome della Massoneria mezzo miliardo di lire e d’aver tenuto tale quantitativo per sé. Dirà successivamente l’avvocato Giuffrida alla Commissione d’inchiesta sulla Loggia Propaganda Due: «In sostanza, io ero stato reclutato per un basso gioco di potere all’interno della Massoneria, e dovevo servire soltanto per portare a un capovolgimento all’interno delle istituzioni»(17). Non a caso Gelli stazionò nei corridoi dell’albergo; e non appena Salvini uscì dalla sala dell’assemblea fu pronto a proporgli un accordo garantito da lui e dall’ex Gran Maestro Gamberini. La proposta venne accettata e subito dopo la breve pausa della Gran Loggia, venne presentata una mozione di fiducia nei confronti del Gran Maestro. Il ricatto funzionò; il 9 maggio 1975 Salvini nominò Licio Gelli Maestro Venerabile della Loggia P2, mentre tre giorni dopo avvenne la ricostituzione della Loggia. Una carica ed un grado che nessun maestro ha mai conferito ad alcuno nell’intera storia della Massoneria italiana, una violazione dei principi base: secondo gli antichi statuti massonici, infatti, i dignitari di una Loggia devono essere eletti dalla base dei fratelli. Gelli diventò il padrone assoluto della Loggia segreta mentre il Gran Maestro si limitò ad un finto diritto d’ispezione, impossibilitato nei confronti dei possibili ricatti gelliani. I nuovi provvedimenti varati da Gelli diedero luogo ad una doppia P2: una ufficiale, con una lista di pochi iscritti depositata presso Palazzo Giustiniani come solida copertura; e una segreta con molti più iscritti(18). In futuro Salvini, interrogato dalla Commissione Parlamentare, tenterà di giustificarsi affermando: «d’essersi mosso nell’intento di salvaguardare l’unità dell’Istituzione, in quanto Gelli era in grado di provocare una scissione portando con sé nella Loggia di Montecarlo tutti gli affiliati P2»(19). In sette anni l’attività di missione di Gelli pervenne a dimensioni di gran lunga superiori la portata dell’iniziale progetto conosciuto dal Grande Oriente. Rilevanti le adesioni, tra cui spiccarono figure importanti a livello nazionale dei settori della pubblica amministrazione, del settore civile, economico, militare, editoriale e politico. Nonostante l’associazione avesse un vertice, il Dominus assoluto nella figura del Venerabile Maestro Licio Gelli, la sua struttura venne modellata al fine di realizzare una notevole suddivisione della vita sociale e dei rapporti tra i soci(20). Un assetto piramidale caratterizzato dall’assenza o dall’estrema limitazione dei rapporti orizzontali tra affiliati e Gran Maestro(21). Va comunque sottolineato, con riferimento alla sede, che la loggia usufruì sempre di un punto di riferimento stabile in Roma (Via Cosenza, Via Lucullo, Via Condotti, Via Vico, Via Romagnosi) e nella sua ultima fase la gestione amministrativa e contabile venne fissata come punto di base presso la segreteria personale di Gelli, a Castiglion Fibocchi in provincia d’Arezzo. Venne confermata, inoltre, come vero centro dell’attività del Venerabile e della loggia la suite dell’Hotel Excelsior a Roma. Tutti gli affiliati furono responsabili d’appartenere ad una associazione che come fine ultimo ebbe l’intenzione d’influire nella vita del paese in modo illegittimo e attraverso una manipolazione invisibile dall’interno del sistema. Di certo si può affermare che la maggioranza degli iscritti ne era sostanzialmente ignara, quantomeno per la sua concreta pericolosità nei confronti della società civile. Non solo la Loggia P2 era un’organizzazione strutturata segretamente ma come tale venne riconosciuta ed accettata da tutti coloro che vi fecero parte, sebbene considerata dedita ad attività d’illecita pressione sui più importanti settori della vita pubblica ai fini dell’arricchimento, del profitto e dell’incremento del potere personale e massonico(22). Licio-GelliLa consapevolezza del fine ultimo non poteva che essere graduata a seconda del ruolo degli affiliati, in base alle funzioni che essi ricoprivano all’interno della società. Da sottolineare che molti iscritti giustificarono successivamente la loro adesione scaricando le loro azioni verso i propri sopra-ordinati, i quali avrebbero fatto intendere che l’ingresso nell’ordine avrebbe costituito un processo necessario per l’avanzamento di carriera. Nel modulo di domanda per l’affiliazione alla Loggia P2 veniva inserito, oltre alle richieste d’informazione del richiedente(23), un’annotazione che lo stesso poteva eventualmente compilare e riguardante eventuali ingiustizie subite nel corso della carriera con danno conseguente e la possibilità d’attribuire la colpa di tale danno ad eventuale ente o persona. Un malsano intreccio d’interessi che Gelli proponeva dalle prime fasi e che gli iscritti accettavano, mentre allo stesso tempo denunciavano tacitamente la loro sfiducia verso un sistema affidandosi ad un’organizzazione clandestina e parallela. La Loggia P2 si poneva come scopo finale il condizionamento politico, radicandosi grazie ai suoi affiliati nei più disparati organi dello Stato. Le infiltrazioni nella pubblica amministrazione coinvolsero le sedi periferiche, le banche, le società, gli istituti e le aziende a partecipazione statale. Analizzando i Ministeri si constata che quello dell’Interno presentava ben diciannove iscritti, tra i quali quattro questori, tre prefetti, tre vice questori, un ispettore di Pubblica Sicurezza, un direttore della polizia di frontiera, un direttore della squadra mobile e tre commissari di Pubblica sicurezza; il Ministero degli affari esteri contava quattro affiliati, di cui un ambasciatore; trentaquattro persone per la pubblica istruzione e quattro per il Ministero dei lavori pubblici; tre iscritti per la sanità, sessanta nel tesoro, ventuno per le partecipazioni statali tra dipendenti dell’IRI ed ENI; per il Ministero dell’industria e commercio risultarono affiliati tredici elementi tra cui il vice presidente del CNEN, l’amministratore delegato dell’INA ed il primo dirigente del ruolo del personale dell’energia nucleare NATO a Bruxelles; per concludere con il Ministero delle finanze di cui fecero parte cinquantadue affiliati ed il Ministero di grazia e giustizia con ventuno iscritti totali. Seguirono poi i ministeri con bassa rappresentanza d’iscrizione tra i dipendenti tra cui sottolineiamo quello dell’Agricoltura, dei Trasporti, del Lavoro, del Commercio con l’estero, dei Beni culturali, quello della Ricerca scientifica e tecnologica, per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno, il Ministero della Marina mercantile e quello per gli Affari regionali. Riferendosi ad altri enti o istituti si annoverarono Piduisti all’interno della Corte dei conti, nel Consiglio di Stato e nell’INPS. Effettuando una prima analisi, lo schema complessivo del livello d’infiltrazione P2 negli apparati pubblici contò circa quattrocentoventidue iscritti effettivi, situati a diversi livelli gerarchici. Sembra chiaro dunque, dal breve elenco sopra citato, la presenza penetrante e diffusa di tali uomini praticamente in tutti i settori della pubblica amministrazione, sebbene le alte sfere privilegiassero e curassero in maniera particolare alcuni settori determinanti per la vita politica dello Stato come i Ministeri del Tesoro e del Commercio con l’estero. Inoltre diversi uomini s’infiltrarono in importanti istituti come la SACE(24) o la Banca d’Italia, determinanti nelle funzioni decisive nei rapporti finanziari con altri paesi. In tale maniera si inseriva una forma di controllo attraverso un settore chiave dell’amministrazione statale dalla quale passavano tutte le operazioni di natura valutaria. Licio Gelli sviluppò relazioni con paesi esteri, in modo particolare con l’America latina, furono molti infatti gli incontri con le alte sfere di Governo e della Pubblica amministrazione civile e militare degli stessi(25). Da parte degli organi centrali e periferici del Ministero venne stesa diverse volte una cortina protettiva nei confronti delle sue attività oltre oceano. Diverse informative del SISDE(26) confermarono le attività economiche e finanziarie in Argentina, Brasile, Paraguay ed Uruguay. Risultarono iscritti alla P2 diciannove magistrati, sottoposti a procedimento disciplinare dal Consiglio Superiore della magistratura(27), di cui solo quattro assolti completamente. Altri infiltrati della Loggia furono diversi presidenti di tribunali e uomini all’interno degli uffici di procura della Repubblica e della Suprema Corte di cassazione. Capillare e concentrata fu la penetrazione realizzata all’interno del Consiglio Superiore. Un altro settore influenzato da tale fenomeno massonico fu quello delle Forze Armate tra cui cinquantadue ufficiali dei Carabinieri, nove dell’Aeronautica, ventinove della Marina, sei della Pubblica Sicurezza, trentasette della Guardia di Finanza e cinquanta dell’Esercito. I dati dicono che tra centonovantacinque esponenti del mondo militare ben novantadue ricoprirono il grado di generale o colonnello(28). Si delinea una mappa del potere militare più qualificato, con personaggi che spesso furono centrali in vicende di particolare significato nella storia recente della Repubblica italiana, anche in relazione ad avvenimenti di carattere eversivo. Vanno ricordate le dichiarazioni rese da esponenti della massoneria(29) circa i massicci reclutamenti di militari operati sulla fine del mandato di Gamberini, circa quattrocento militari presentati dal Gelli. Pur considerando il dato appena esposto come probabilmente esagerato e gonfiato è comunque certo che lo sviluppo della Loggia P2 venne segnato da una forte e qualificata presenza di militari, dato questo non particolarmente rilevante data la tradizionale propensione dell’ambiente militare verso istituzioni di tipo massonico; Licio Gelli diede molta importanza alla connotazione politica di tali affiliazioni(30). Attraverso loro Gelli e la P2 furono in grado di condizionare scelte importanti di molti settori delle Forze Armate con riferimento ai loro fini politici; indubbiamente alcune personalità militari agirono anche per interessi personali o parteciparono a traffici illeciti in cui furono principalmente implicati e riguardanti politici ad essi collegati. Tra gli stessi alti comandi dei Servizi segreti risultarono degli iscritti, che spesso provocarono il rallentamento delle diverse indagini che avrebbero potuto condurre alla pubblica scoperta del raggruppamento Gelli – P2. Fu possibile contraddistinguere i collegamenti tra Licio Gelli, Loggia P2 ed il complesso mondo dell’eversione nera. Dal materiale in possesso della Commissione parlamentare d’inchiesta si dedusse la convinzione che la Loggia P2, attraverso il suo capo ed i suoi vertici, si sia collegata più volte con gruppi ed organizzazioni eversive, incitando e favorendo i loro propositi criminosi con un’azione che mirava ad inserirsi ad infiltrarsi anche in quelle aree. Attendibile l’ipotesi di coinvolgimento nel golpe Borghese attuato nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 sotto la spinta degli esponenti del Fronte Nazionale. Molti dei protagonisti di tale vicenda ebbero un ruolo non secondario all’interno della massoneria e della P2(31), evincendo come gli ambienti massonici si fossero posti in posizione di concomitanza ed appoggio con i gruppi che a Borghese fecero capo. Nessuna inchiesta giudiziaria riuscì a chiarire le circostanze dell’improvviso contrordine impartito ai congiurati, lasciando spazio a numerose teorie e possibili protagonisti che vedrebbero come soggetto anche Gelli(32). Si trovarono nominativi di uomini appartenenti alla loggia anche nell’inchiesta condotta dal giudice Tamburino di Padova in merito al movimento denominato «Rosa dei Venti». In questa indagine vi furono due importanti testimonianze. La prima farebbe riferimento a Giorgio Zicari, giornalista che collaborò con l’Arma dei carabinieri e con i Servizi segreti, entrando in contatto agli inizi degli anni settanta, con elementi di spicco del gruppo dei MAR(33), ed ottenendo da costoro informazioni per i detti apparati investigativi. Nel 1974 Zicari venne formalmente convocato dal giudice Tamburino e nel giro di poche ore subito contattato dal generale Palumbo(34). Questa iniziativa del generale si collegherebbe all’osservazione del generale Dalla Chiesa riguardo la scarsa collaborazione degli ambienti della divisione Pastrengo nell’azione che il generale conduceva contro il terrorismo. Sempre nel corso del 1974 il giudice Tamburino raccolse alcuni testimonianze sul cosiddetto SID parallelo, il cui procedimento si chiuse infine con la richiesta di archiviazione formulata dal Procuratore della Repubblica di Roma, accolta dal giudice istruttore in data 22 febbraio 1980. E’ di particolare interesse, nel contesto di tali deposizioni, quanto ebbe a dichiarare il generale Siro Rossetti(35), uscito nel 1974 dalla Loggia P2 in posizione polemica nei confronti di Licio Gelli. La Loggia Propaganda Due venne collegata anche a gruppi estremistici toscani, autori di numerosi attentati che imperversarono sull’Italia tra il 1969 e il 1975 e sulla strage del treno Italicus, ordigno esploso nella notte fra il 3 ed il 4 agosto 1974 che provocò dodici morti e quarantaquattro feriti. La pista della Loggia P2 e di Licio Gelli venne seguita in fase istruttoria dai magistrati bolognesi che indagarono sulla strage e che chiesero informazioni utili al SID, il servizio che, era certamente più che documentato in proposito, ma che riferì d’essere a conoscenza solamente di quanto venne diffuso dalla stampa. Il processo si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati sebbene, l’impossibilità di determinare concretamente le personalità dei mandanti e dei materiali esecutori, la sentenza di assoluzione attesti comunque la correttezza dell’attribuzione della strage a Ordine Nero e alla P2, definendo come pienamente comprovata una notevole serie di circostanze del tutto significative e univoche in tal senso, al punto da venire esplicitamente richiamata dalla Relazione della Commissione Parlamentare per via delle circostanze relative alla strage e indirizzanti verso l’eversione neofascista e la Loggia P2(36). Dall’esame delle liste pervenute da Castiglion Fibocchi risultarono invischiati con la Loggia P2 trentasei membri del Parlamento, più un certo quantitativo di ex parlamentari e d’esponenti politici di rilievo locale, nonché personaggi che, seppure in apparenza di rilievo marginale rispetto al mondo politico, poterono essere ad ogni modo di grande aiuto per i disegni e le attività della loggia, quali appunto segretari personali e capi di gabinetto di Ministri. Un centinaio di nominativi in totale, tra i quali ministri, segretari di partito, capigruppo parlamentari e responsabili di importanti uffici di partito. I collegamenti della P2 influenzarono anche il mondo degli affari; sessantasette gli iscritti appartenenti al ministero del Tesoro, a banche e ad ambienti finanziari; contatti con esponenti di numerose banche pubbliche e private, come per la Banca nazionale del lavoro, il Monte dei Paschi di Siena, la Banca Toscana, l’Istituto centrale delle casse rurali ed artigiane, l’Interbanca, il Banco di Roma ed il Banco Ambrosiano. Collegamenti diretti ad assicurare contatti con dirigenti situati in punti chiave della amministrazione, per far conseguire al gruppo stabili agganci con ambienti di rilevante influenza sia nell’ambito nazionale sia in quello internazionale. Michele Sindona mise chiaramente in risalto come gli interventi operati a favore del banchiere stesso fossero sviluppati nell’ambito d’accordi, esistenti nel mondo finanziario e bancario tra molti esponenti di primo piano che contribuirono ad agevolare l’attuazione di operazioni speculative, finalizzate ad estendere il potere di determinati gruppi economici. La difesa di Sindona fu un segnale molto vigoroso; accadde qualcosa al di sopra d’una semplice gestione d’interessi da proteggere magari con l’uso della forza: venne a consolidarsi il potere del sistema P2 che collegava ed unificava tanti personaggi operanti in diverse collocazioni. Quando Sindona, trasferì la sua attività nei paesi americani, in Italia s’affermò Roberto Calvi, nominato direttore generale del Banco Ambrosiano nel 1971, che ne acquisì l’eredità, oltre che la tutela condizionante di Gelli. Nel 1972 la Compendium S.A. Holding, finanziaria del Banco Ambrosiano che nel 1976 muterà nome in Banco Ambrosiano Holding, venne trasferita in Lussemburgo. Venne così a formarsi un modulo operativo tra Calvi e Sindona che, all’estero, venne gestito unitamente a Sindona e che in Italia fu articolato in diversi comparti sempre più complessi ed intrecciati man mano che accresceva la fiducia in Calvi dei più importanti gruppi economici. Quando Sindona venne arrestato, si estese la rete P2 nel settore degli affari e Calvi diventò il principale braccio operativo nel settore finanziario per tutte le necessità previste dai programmi della loggia. Il gruppo Ambrosiano si estese in Italia ed all’estero in una serie di società bancarie e finanziarie. L’ingente quantità di azioni risultate di pertinenza di tale banca sono la testimonianza di un’attenta acquisizione che consentiva di spostare dall’Italia all’estero e viceversa, una grande disponibilità, mascherando tali movimenti come operazioni di compravendita di titoli per le quali ignoti intermediari fruivano di consistenti provvigioni. L’azione così sviluppata permetteva anche d’avere l’effetto di coinvolgere in traffici illeciti numerosi operatori che, una volta intervenuti a fare da schermo a tali irregolari transazioni, si ponevano nelle condizioni idonee per essere ricattati ed utilizzati. Molto importante fu l’operazione d’infiltrazione e di controllo del gruppo Rizzoli; la Loggia P2 intravide la possibilità di mettere in atto un’operazione inquadrata nelle previsioni del piano di rinascita democratica per quanto concerne il mondo della stampa e dell’editoria(37). In quel frangente storico il gruppo Rizzoli era, con esponenti poco capaci e scarsamente virtuosi nel ruolo imprenditoriale, gestita come azienda a carattere familiare. Un quotidiano di grandi tradizioni ma appesantito da una difficile situazione finanziaria che nel 1975, attraverso il Banco Ambrosiano, la P2 manovrò mediante un’azione di condizionamento finanziario trasformandolo in un polo aggregativo di un sempre maggior numero di testate. In contemporanea vennero effettuati interventi d’acquisizione di numerose testate a carattere locale99nell’ambito d’un collegamento con il Corriere della Sera e destinato a raggiungere il maggior numero di lettori ed influenzare così l’opinione pubblica. Nella vicenda si denotò la funzione puramente di facciata della famiglia Rizzoli mentre il gruppo editoriale, che utilizzò Calvi come supporto bancario sfruttando l’influenza esercitata su Angelo Rizzoli, dal 1977 venne gestito dalla coppia Gelli ed Ortolani in quasi completa autonomia. Si sviluppò da questo momento un sottile e continuo condizionamento della linea seguita dal quotidiano, caratterizzata dall’emarginazione di giornalisti scomodi, con servizi elogiativi o distruttivi ben mirati e con l’attribuzione d’incarichi importanti a persone appartenenti alla loggia.

Il «Piano di Rinascita»

Continua

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L’intervista a L. Gelli dell’allora giovanissimo giornalista pentecostale Alessandro Iovino che si è laureato con una tesi sulla fase finale dello stalinismo con prefazione a firma di Giulio Andreotti.

NOTE:

  1. Relazione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2 (da adesso CpiP2), Doc. XXIII n.2, Senato della Repubblica, Roma 1984, p. 7
  2. Office of Strategic Service, servizio segreto che verrà sciolto alla fine del 1945 e che verrà ripristinato nel 1947 come Cia (Central Intelligence Agency).
  3. L’accordo tra lo Stato italiano e il Grande Oriente venne raggiunto il 7 luglio 1960. L’unificazione tra il Grande Oriente e il Supremo Consiglio della Serenissima Gran Loggia degli ALAM fu la condizione posta da Gigliotti in cambio dell’intervento americano nelle trattative per tale accordo. La Gran Loggia degli Alam, fondata dal principe siciliano Giovanni Alliata di Montereale, godeva di riconoscimenti da parte della circoscrizione sud americana da tempo ed avrebbe dato una forte accentuazione conservatrice al Grande Oriente. CpiP2, Doc. XXIII n.2, La massoneria di Palazzo Giustiniani e le altre famiglie massoniche, p.11.
  4. «Era consuetudine intitolare a generici centri studi i contratti d’affitto per i locali necessari all’attività della loggia; ed è dato rilevare come gli statuti di tali organismi non contenessero alcun riferimento alla massoneria e alle attività massoniche nel designare l’oggetto dell’attività dell’ente», Ivi. p. 8.
  5. ERGIO FLAMIGNI, Trame atlantiche, p. 31.
  6. Ivi, p. 33.
  7. Dal momento che nessuna Loggia italiana ha mai superato i duecentocinquanta affiliati, FLAMIGNI, Trame atlantiche, p. 37.
  8. Nei confronti del rapporto verso il mondo esterno venne redatto un documento intitolato «Sintesi delle norme», in cui venne sottolineata l’importanza del silenzio nell’impegno di ciascun nuovo iscritto a non rivelare i segreti dell’iniziazione muratoria.
  9. «Sono lieto di informarti che la P2 è stata adeguatamente ristrutturata in base alle esigenze del momento oltre che per renderla più funzionale, anche, e soprattutto, per rafforzare ancor più il segreto di copertura indispensabile per proteggere tutti coloro che per determinati motivi particolari, inerenti al loro stato, devono restare occulti. Se fino ad oggi non è stato possibile incontrarci nei luoghi di lavoro, con questa ristrutturazione avremo la possibilità ed il piacere, nel prossimo futuro, di avere incontri più frequenti, per discutere non solo dei vari problemi di carattere sociale ed economico che interessano i nostri Fratelli, ma anche di quelli che riguardano tutta la società», Lino Salvini, Circolare in data 11 dicembre 1972, CpiP2, Doc. XXIII n.2, p. 16.
  10. Ibidem
  11. CpiP2, Doc. XXIII n.2, p. 17.
  12. Ibidem
  13. Tavola d’accusa firmata da Ferdinando Accornero, membro della Giunta esecutiva del Grande Oriente e la denuncia da parte del Grande Oratore Ermenegildo Benedetti nella Gran Loggia Ordinaria, Ivi, p. 19.
  14. La Gran Loggia è l’assemblea generale dei rappresentanti di tutte le Logge.
  15. CpiP2, volume 3, tomo 1, p. 609.
  16. Ivi, pagg. 625-26.
  17. Ibidem
  18. «Rimane inteso che detta loggia avrà giurisdizione nazionale ed i fratelli, per la loro personale situazione, non dovranno essere immessi nell’anagrafe del Grande Oriente», Licio Gelli cit. in CpiP2, Doc. XXIII n.2, p. 22.
  19. FLAMIGNI, Trame atlantiche, p. 109.
  20. «Per una maggiore e più assoluta sicurezza non sarà mai indicato il numero degli iscritti che prestino servizio nello stesso ente, organismo o amministrazione […] tutt’al più l’elemento preposto a quel determinato ente dovrà venire a conoscere i nominativi di circa un cinque per cento degli iscritti a lui sottoposti», Licio Gelli cit. in CpiP2, Doc. XXIII n.2, p. 48.
  21. «Colgo l’occasione per ricordarti che per qualsiasi tua necessità dovrai metterti sempre in contatto con me e che nessuno che non sia stato da me esplicitamente autorizzato, della qualcosa ti darò preventivacomunicazione, potrà venire ad importunarti: qualora si dovesse verificare la deprecabile ipotesi, che del resto è assai remota, per non dire impossibile, di un tentativo di avvicinamento da parte di persona che si presenti a te facendo il mio nome, sarei grato se tu respingessi decisamente il visitatore e mi dessi immediata notizia dell’accaduto». Lettera circolare di Licio Gelli ai nuovi iscritti, Ivi, p. 49.
  22. «Tra i compiti principali dell’ente vi sono sia quello d’adoperarsi per far acquisire agli amici un grado sempre maggiore d’autorevolezza e di potere perché quanta più forza ognuno di essi potrà avere, tanto maggior potenza ne verrà all’organizzazione stessa intesa nella sua interezza, sia quello di elargire ai componenti la massima assistenza possibile», da Sintesi delle norme.
  23. Oltre ai normali dati anagrafici e familiari veniva chiesto l’eventuale possesso di proprietà immobiliari, l’orientamento politico, le convinzioni religiose e se facente parte di cariche o incarichi civili e/o politici. LICIO GELLI, La verità, Demetra Edizioni, 1989 Bologna. p. 142.
  24. La SACE è una agenzia di credito all’esportazione, ed assume in assicurazione e/o in riassicurazione i rischi a cui sono esposte le aziende italiane nelle loro transazioni internazionali e negli investimenti all’estero. Nata nel 1977 in seguito alla Legge 227/77 come Sezione speciale per l’Assicurazione del Credito all’Esportazione dell’Istituto Nazionale Assicurazioni. Con il Decreto Legislativo 143/98 diventa Istituto per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero, diventando in seguito Ente Pubblico Economico. Nel 2004, con la Legge 326/2003 (art. 6) diventa Sace S.p.a., con effetto dal 1 gennaio 2004.
  25. Si veda i rapporti di Licio Gelli con il generale Peron e Massera in CpiP2, Doc. XXIII n.2, pagg. 108-28.
  26. 87 Il SISDe, Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica, fu un servizio segreto italiano, in attività fino alla riforma normativa del 2007 quando venne sostituito dall’AISI.
  27. Sentenza del 9 Febbraio 1983.
  28. CpiP2, Doc. XXIII n.2,p. 77.
  29. Dichiarazioni di Siniscalchi e Brilli in Ivi, p. 78.
  30. Da una missiva che non sappiamo se venne inviata diretta a tutta la categoria o solo agli elementi dimaggior spicco ed in cui si traeva la conclusione che solo una presa di posizione molto precisa potevaporre fine al generale stato di disfacimento e che tale iniziativa poteva essere assunta soltanto dai militari. Ibidem.
  31. Vito Miceli, Duilio Fanali, Sandro Saccucci, Lo Vecchio, De Jorio, Casero, Salvatore Drago. Nominativi che figurarono nelle liste di Castiglion Fibocchi ed attori del golpe Borghese.
  32. «Fabio De Felice valutò che Gelli fosse stato parte nel contrordine che venne dato durante l’esecuzione del golpe Borghese», Testimonianza del militante Paolo Aleandri del gruppo eversivo «Costruiamo l’azione» al giudice istruttore Ferdinando Imposimato del 16 ottobre 1982, CpiP2, volume 3, tomo 4, parte I, pagg. 47-55.
  33. Il MAR, Movimento di Azione Rivoluzionaria, fu un’organizzazione terrorista italiana di estrema destra guidata da Carlo Fumagalli e Gaetano Orlando.
  34. «Il tema centrale fu che io non dovevo parlare, che poteva succedermi qualcosa, dei fastidi, che io avevo tutto da perdere dalla vicenda, che i magistrati stavano tentando di sostituirsi allo Stato, riempiendo un vuoto di potere, che non si sapeva che cosa il giudice Tamburino volesse cercare, che non ero obbligato a testimoniare», dalla dichiarazione del giornalista Giorgio Zicari sull’incontro con il generale Palumbo, CpiP2, Doc. XXIII n.2, p. 90.
  35. «La mia esperienza mi consente di affermare che sarebbe assurdo che tutto ciò non esistesse, a mio avviso l’organizzazione è tale e talmente vasta da avere capacità operative nel campo politico, militare, della finanza, dell’alta delinquenza organizzata», dalla dichiarazione del generale Siro Rossetti, Ivi, p. 91.
  36. «Tanto doverosamente premesso ed anticipando le conclusioni dell’analisi che ci si appresta a svolgere, si può affermare che gli accertamenti compiuti dai giudici bolognesi, così come sono stati base per una sentenza assolutoria per non sufficientemente provate responsabilità personali degli imputati, costituiscono altresì base quanto mai solida, quando vengano integrati con ulteriori elementi in possesso della Commissione, per affermare: che la strage dell’Italicus è ascrivibile ad una organizzazione terroristica di ispirazione neofascista o neonazista operante in Toscana; che la Loggia P2 svolse opera di istigazione agli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi della destra extraparlamentare toscana; che la Loggia P2 è quindi gravemente coinvolta nella strage dell’Italicus e può ritenersene anzi addirittura responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici, quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale», «La statuizione, che non spetta alla Commissione valutare, appare ispirata al principio di personalità della responsabilità penale ed a quello di presunzione di innocenza: letta in controluce e con riferimento alla responsabilità storico-politica delle organizzazioni che stanno dietro agli esecutori essa suona ad indiscutibile condanna della Loggia P2. Una condanna rafforzata dalle enunciazioni contenute nella prima parte della sentenza ove si esterna il convincimento del giudice sulla matrice ideologica ed organizzativa dell’attentato, una matrice ovviamente irrilevante in sede penale finché non si individuino mandanti, organizzatori od esecutori ma preziosa in questa sede», «Concludono peraltro malinconicamente i giudici bolognesi con la constatazione di un limite invalicabile alla loroindagine, costituito dal fatto che l’imputazione riguarda solo esecutori materiali e non, ahimè, lontani mandanti», CpiP2, Doc. XXIII n.2,p. 92-103.
  37. «E’ infatti disponibile una struttura da utilizzare per il coordinamento di tutta la stampa provinciale e locale in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del paese», Licio Gelli cit. in CpiP2, Doc. XXIII n.2, p 121.

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